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venerdì, Dic 18

10 fra le migliori serie che hanno esordito nel 2020



Da Wired.it :

In un anno particolarmente ricco di titoli, ecco quelli che ci hanno più colpito e interessato, da The Mandalorian a We Are Who We Are, da Normal People a Ted Lasso, da Unorthodox a Tiger King

Mai come in questo 2020 ci si è accorti di vivere nell’epoca dell’iperproduzione di serie. E mai come in questo anno, costretti dalla pandemia nella sicurezza delle nostre case, quelle stesse serie sono diventate un prodotto di intrattenimento essenziale. Molte hanno funzionato, altre meno. Parecchie sono tornate con stagioni eccezionali, spesso meglio delle precedenti (per esempio, la quarta di The Crown e di Skam Italia, la quinta di Better Call Saul e le ultime di The Good Place e di Bojack Horseman). Ma qui trovate esclusivamente i nuovi titoli che negli ultimi 365 hanno debuttato. Fuori classifica, perché ancora inedito in  I May Destroy You creato da Michaela Coen per raccontare un perturbante viaggio interiore nato da una violenza sessuale. E ora veniamo alle serie più apprezzate, che potete recuperare, se ancora non le avete viste, prima della fine del 2020.

The Mandalorian (Disney+)

Visto che in Italia Disney+ ha debuttato lo scorso marzo, abbiamo avuto la fortuna di godere delle prime due stagioni di The Mandalorian a distanza di pochi mesi (la seconda termina oggi, 18 dicembre). Le avventure del cacciatore di teste mandaloriano e del suo puccioso compagno Baby Yoda hanno conquistato i meme di internet e il cuore dei fan di Star Wars, ma non solo. Fondendo una misteriosa avventura spaziale con atmosfere western, questa serie ha dato nuova linfa all’universo di Guerre stellari, tra scene d’azione epiche e teneri momenti di condivisione simil-padre-figlio. Inutile negare, poi, che la durata delle puntate (poco più di mezz’ora) e la pubblicazione settimanale l’hanno resa proprio uno sfizio da gustare.

Unorthodox (Netflix)

Difficile dire quale sia l’ingrediente principale di Unorthodox. La miniserie Netflix è ambientata nel mondo degli ebrei ultraortodossi di Brooklyn, una dimensione culturale sconosciuta ai più e quindi immediatamente curiosa (sebbene emergano gli aspetti critici di tali tradizioni, non si può rimanerne affascinati). Al centro della vicenda c’è Esty, interpretata da una straordinaria Shira Haas, con la sua fuga disperata a Berlino e la titubante ricerca di una nuova vita, che coinvolge lo spettatore su più livelli: a un certo punto, si fa letteralmente il tifo affinché la protagonista riesca a liberarsi dai legacci di un passato asfissiante. Il tutto è raccontato grazie al lavoro di sceneggiatrici e registe che assicurano un punto di vista autentico e realistico alla storia.

Dispatches from Elsewhere (Amazon Prime Video)

Dispatches from Elsewhere è, forse, uno dei titoli andato perduto nella marea di serie lanciate quest’anno. Il che è davvero un peccato, perché raramente si vede un racconto così stravagante, sperimentale e struggente. A crearlo e a farne da protagonista è Jason Segel (Marshall di How I Met Your Mother), che qui mostra il suo volto più drammatico e cervellotico. Interpreta, infatti, Peter, un grigio impiegato che, cogliendo degli strani segnali intorno a lui, finisce in un’avventura che cambia il senso della sua vita. Da non perdere, poi, il finale sorprendente e metanarrativo. Nel cast anche la sempre straordinaria Sally Field ed Eve Lindley, che ci regala uno dei migliori e più naturali ritratti di donna transgender di sempre.

We Are Who We Are (Sky)

Tutti gli occhi sono stati puntati su questa serie, perché opera prima a episodi di Luca Guadagnino, dopo l’exploit di Call Me By Your Name. Il regista non ha deluso le aspettative, firmando una produzione caratterizzata da un’estetica sublimata e da un languore rarefatto. We Are Who We Are non è certo la più classica delle serie e, per via di una trama che si assottiglia sempre di più in favore dell’esperienza e del percorso dei personaggi, molti potrebbero trovarla respingente. Però, con un piccolo sforzo iniziale di pazienza e di fiducia, ci si ritrova immersi in un ritratto spassionato e anche inedito dell’adolescenza, raccontata nei suoi conflitti più veri (spesso quasi immotivati). Il fatto che sia ambientata in una base americana in Veneto, infine, rende tutto ancora più straniante, ma non meno affascinante.

Ted Lasso (Apple Tv+)

Ecco un altro titolo di cui probabilmente non avete sentito parlare, ma che vale la pena recuperare. Creato, fra gli altri, da Bill Lawrence, il papà di Scrubs, racconta di un inetto allenatore di football americano interpretato da Jason Sudeikis, il quale viene chiamato a guidare la squadra inglese per farla fallire. Ne esce una commedia dai tratti assurdi con momenti di umanità sconcertanti, soprattutto quando mostra gli aspetti più ridicoli di un certo tipo di mascolinità. Insomma, Ted Lasso riesce a lasciare uno strano calore nel cuore.

Tiger King (Netflix)

A pensarci adesso, la docuserie Tiger King, che è divenuta un fenomeno mondiale nelle prime settimane di pandemia, ha dei problemi enormi, soprattutto perché racconta un sottobosco di persone disagiate, in qualche modo sfruttandone e spettacolarizzando quel disagio. È anche vero, però, che è un prodotto che resta impresso, la mente ritorna di continuo ai suoi personaggi difficili da descrivere. E, soprattutto, è una dimostrazione di quanto la vita sia una miniera insperata di storie assurde che nessuna fantasia potrebbe inventare. Dunque, la vicenda dell’eccentrico e megalomane collezionista di grandi felini Joe Exotic e della sua faida con l’altrettanto bizzarra paladina animalista Carole Baskin rimane un monumento narrativo a questo 2020 così violento, folle, imprevedibile.

The Great (Starzplay)

Poche serie come The Great sono riuscite a fondere tanti generi diversi e altrettanti livelli di lettura stratificati. Le premesse possono apparire respingenti: si tratta di una specie di sitcom che reinterpreta la giovinezza di Caterina di Russia, sposa dello zar Pietro III e futura imperatrice in solitaria (a lei era già stata dedicata la serie – non convincente – con Helen Mirren). Ma è proprio sulla sovversione delle aspettative che la creatura di Tony McNamara (già co-sceneggiatore del magnifico film La favorita) gioca con originalità: Elle Fanning è incredibile nel dare alla giovane Caterina un misto di ingenuità e determinazione, la stessa determinazione che la porta a sfidare il marito, Nicholas Hoult sempre più idiosincratico. Commedia, dramma sentimentale, critica al machismo, echi di Marie Antoinette di Sofia Coppola: tutto condensato in un unico gioiellino.

Mrs. America (TIMVision)

Anche in tv non sono mancate le trasposizioni del clima politico sempre più teso e snervante. Mrs. America, però, ha scelto un approccio diverso. Raccontando le vicende dei movimenti femministi americani negli anni ’70 e, soprattutto, della loro acerrima nemica, la conservatrice Phyllis Schlafly, interpretata da Cate Blanchett, non vuole necessariamente dirci qualcosa sull’attualità che ne è seguita, bensì aiutarci ad aprire gli occhi su una complessità insita in ogni rivoluzione sociale. La serie è piena di sfumature e zone d’ombra, incarnate da un cast femminile di primo ordine (sbaglia chi parla di una celebrazione di Schlafly, presentata sì anche nelle sue debolezze umane, ma sempre rigida nella posizioni). Mrs. America regala squarci di storie a noi sconosciute, come la prima donna afroamericana eletta al congresso, Shirley Chisholm interpretata da Uzo Aduba: il suo episodio vale quasi l’intera produzione.

Normal People (Starzplay)

Dal gettonatissimo romanzo Persone normali di Sally Rooney, la scrittrice millennial più in voga, non poteva che uscirne la miniserie più chiacchierata dell’anno. Ma, fatto il dovuto vaccino a tutto questo hype, Normal People è effettivamente di grande fattura. Il racconto della relazione fra gli amici-amanti Marianne (Daisy Edgar-Jones) e Connell (Paul Mescal) si articola sulle montagne russe che accompagnano la loro crescita, dal liceo all’università e oltre. La chimica tra i due attori protagonisti è palpabile e riesce a dare la giusta credibilità a un rapporto che vuole scandagliare, con sfacciato realismo, le pieghe più intime della coppia, costantemente presa da un andirivieni di attrazione e repulsione, fra silenzi, parole negate, quotidianità sospesa e magnifiche ambientazioni.

Lovecraft Country (Sky)

Se nel 2019 Watchmen vi ha fatto impazzire, Lovecraft Country, può essere considerato più o meno il suo erede. Questa serie Hbo è un viaggio negli incubi ancestrali che caratterizzano la provincia americana a metà del secolo scorso, ma diventa anche un pretesto sottilissimo e potente per parlare del mostro più inquietante, quello che nemmeno un genio contorto come H. P. Lovecraft avrebbe potuto immaginare: il razzismo. Tutto parte da Atticus Freeman (Jonathan Majors) che, negli anni ’50, con l’amica Letitia (Jurnee Smollett) e lo zio George (Courtney B. Vance), attraversa il Sud alla ricerca del padre scomparso. Gli incontri del trio, in una storia complessa, multiforme e metaletteraria degna dei produttori J. J. Abrams e Jordan Peele, sono appunto mostri più o meno fittizi.

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[Fonte Wired.it]