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lunedì, Dic 23

20 dischi del 2019 da riascoltare


L’ultimo anno musicale del decennio giunge a conclusione con alcune certezze, come il rap, e qualche momento di stallo, come per l’elettronica

Siamo arrivati alla fine del decennio, e prima di tirare le somme di questi ultimi anni (qua potete rivedere le classifiche 2018, 20172016 2015) è fondamentale rivedere e capire dove siamo arrivati nel 2019 e come si sta muovendo la musica. Il rap continua a essere in ottima salute toccando sempre più nuove evoluzioni. L’elettronica sembra in fase di stallo, mentre il pop più sperimentale sfrutta tutte le influenze possibili trovando nuove forme. Anche quest’anno abbiamo cercato di selezionare i dischi più sperimentali e meno lineari. Punk, folk e dintorni li potrete ascoltare in modo rieditato e mutato. È stato un’annata di transizione comunque buona, ma è il 2020 che appresta a essere un’annata di grandi ritorni. Intanto percorriamo la nostra classifica.

20. Inude – Clara Tesla (Oyez)
Il trio pugliese danza tra i generi guardando al pop con intenzioni evolute e sperimentali, contaminate dell’elettronica e dal caldo soul. Anche il pop alternativo può trovare nuove aspirazioni. pur rimanendo nel nostro stivale.

19. Tha Supreme – 23 6451 (Epic)
Per ora non si è mai esibito dal vivo, tranne che con il suo ologramma in diretta tv. È uno dei nomi più discussi e chiacchierati e ha saputo farsi notare malgrado la giovanissima età anche grazie alle primissime produzioni nel 2017 per Salmo. Uno dei produttori hip hop/trap che sentiremo nominare ancora nei prossimi anni. E siamo solo all’inizio.

18. Sudan Archives – Athena (Ston Throw)
L’esordio ha un titolo importante: Athena. Brittney Parks da Cincinnati è violinista e produttrice che mescola attitudini classiche legate al suo strumento intercettando il pop e l’avanguardia che sfocia nell’afro soul.

17. 72-Hour Post Fight – 72-Hour Post Fight (La Tempesta International)
Prendere il jazz e contaminarlo, romperlo, rimasticarlo e riproporlo come se fosse un nuovo corpo. Il sax, l’hip hop, l’elettronica e l’improvvisazione diventano le linee guida che il collettivo milanese percorre senza confini e far rivivere.

16. Coma Cose – Hype Aura (Asian Fake)
Le parole sono importanti, diceva qualcuno. Il due milanese ha capito come usarle, costruendo un linguaggio fatto di doppi sensi e incroci che sfociano nel rap pop. Ora devono guardare avanti, perché la musica si muove e la loro dinamicità è tutta da scoprire.

15. Liberato – Liberato
Negli anni abbiamo imparato a conoscerlo senza saperne l’identità, ma poco importa. Liberato ha creato un’idea di suono e un linguaggio geolocalizzato che mescola il cantautorato napoletano e i suoni più contemporanei, ed è riuscito ad andare oltre le barriere. Liberato c’è e continuerà per la sua strada, staremo a vedere.

14. Jamila Woods – Legacy! Legacy! (Jagjaguwar)

Neo soul e tendenze hip hop funk si bilanciano perfettamente in un percorso coerente e brillante. Prendere il passato, farlo proprio e rimodellarlo con i propri stili è una delle caratteristiche principali di Jamila Wood, cantante, cantautrice e poetessa di Chicago.

13. FKA Twigs – Magdalene (Young Turks)
L’immaginario ch gira attorno a Tahliah Debrett Barnett ha raggiunto la perfezione: esotismo e futurismo applicati ai canoni del pop che vengono rivoltati. Il secondo album pur non essendo uno degli ascolti più immediati, raggiunge vette di sofisticatezza avanguardista che non vedevamo da tempo in questi ambienti.

12. Holly Herndon – Proto (4AD)
La ricerca e l’evoluzione sono alla base del progetto musicale dell’americana Holly Herndon. Il terzo disco è stato creato in collaborazione con la sua Ai bambinaSpawn, che ha cresciuto e allenato. Voci e sovrastrutture digitali per arrivare a un risultato credibile. Holly Herndon è sempre un passo avanti tutto.

11. Tyler, the Creator – Igor (Columbia)
Tyler non è più il ragazzetto impertinente degli Odd Future. Il tempo è passato e il rapper ha sempre più le idee chiare e la capacità di focalizzarsi su un obiettivo. Forse la definitiva consacrazione è ancora lì, dietro l’angolo. È come se mancasse pochissimo per arrivarci e con Igor ci sono nuove basi per andare oltre.

10. Bon Iver – i,i (Jagjaguwar)
Non è il disco più sperimentale di Justin Vernom, ma oramai per lui maneggiare l’evoluzione del pop alternativo frastagliato e destrutturato, è la normalità. Voci e autotune, soul sintetico e folk astratto che non sembra appartenere al nostro mondo. Multistrati sonori che sfuggono alla linearità. Resta, come sempre immutata, la grande sensibilità di uno degli artisti più importanti degli ultimi 10 anni.

9. Little Simz – Grey Area (Age 101)
Era ora che Little Simz scombussolasse un po’ le carte in tavola. Ed era ora che si prendesse le proprie rivincite. Kendrick Lamar l’aveva descritta come una delle migliori rapper del mondo. Aspettavamo solo che questo si confermasse. Flow devastante e capacità di incorporare l’anima soul che arriva dal basso.

8. The Comet Is Coming – Trust In The Lifeforce Of The Deep Mystery (Impulse!)
Il mondo dei Comet Is Coming gira attorno al sassofonista Shabaka Hutchings. Il risultato è un multiculturalismo londinese che nel secondo disco convoglia le radici free jazz declinate in un caleidoscopio di suoni electro funk, il dub e l’Africa più magica. Ibridazione è la parola d’ordine e la band ne è il porta bandiera.

https://www.youtube.com/watch?v=G55GspnNkBo

7. Jpegmafia – All My Heroes Are Cornballs (Eqt)
Barrington DeVaughn Hendricks non è più una sorpresa, e smaltita la sbornia di pura violenza, trova nuovi strati sonori senza perdere la rabbia che lo contraddistingue. Il risultato è diversificato, maggiormente strutturato e prova nuove strade che ampliano la visione del rapper nato a Baltimora.

6. Thom Yorke – Anima (XL)
Il frontman dei Radiohead trova la sua miglior quadratura in questo terzo disco da solista. “Hai perso i tuoi sogni?”, recitavano le criptiche locandine promozionali con un numero telefonico a cui chiamare per ascoltare l’anteprima. Il corto diretto da Paul Thomas Anderson materializza bene le eteree visioni che sfociano in voce fluide e beat ancestrali.

5. Alessandro Cortini – Volume Massimo (Mute)
Dentro il nuovo disco di Alessandro Cortini convergono le due principali anime: quella sintetica volta alla sperimentazione e quella che abbraccia il mondo analogico degli strumenti. Il trasferimento da Los Angeles a Berlino lo ha sicuramente influenzato e il suo disco è diventato un mondo epico, sospeso tra uomo e macchina.

4. Caterina Barbieri – Ectstatic Computation (Mego)
Non la scopriamo di certo oggi Caterina Barbieri, a un solo anno dall’ultimo disco, l’italiana ma di stanza a Berlino torna con le sue suggestioni sintetiche, che trovano incastri digitali e una sensibilità umana. Un viaggio spazio temporale fatto di sensazioni per la mente e per il corpo.

3. Clipping. – There Existed An Addiction To Blood (Sub Pop)
Rap decostruito e rinsaldato insieme in modo da ottenere qualcosa di non lineare. Da Los Angeles il trio hip hop gioca con le atmosfere horror, dilata e lavora per sottrazione su un terzo disco che mette in mostra il meglio del loro repertorio.

2. Black Midi – Schlagenheim (Rough Trade)
Difficili da catalogare, ma poco importa. Nervosismo che gronda e chitarre che viaggiano velocissime. Cambi di tempo che fanno venire il mal di testa. Il suono chitarristico sperimentale di Londra è tutto loro, ti prende a manate in faccia e mescola il revival post punk e math rock con il jazz. Incontenibili.

1.  Slowthai – Nothing Great About Britain (Method)
C’è un’Inghilterra che urla e mai come in questi mesi ve ne è necessità. Slowthai è la voce che arriva da Northampton, 100 km da Londra. La riscossa e la ribellione dei più giovani a una gestione a dir poco scellerata, dal referendum Brexit in poi. Grime profondo e beat violenti con ospiti di lusso, da Mura Masa a Skepta per uno dei dischi dell’anno.

 

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