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giovedì, Dic 24

20 dischi del 2020 da riascoltare



Da Wired.it :

Mai come quest’anno la musica ci ha distratto, dato conforto, rallegrato… salvato. Ecco perché nella nostra selezione abbiamo preferito gli album che ci hanno fatto stare meglio nei giorni più difficili: dal soul al funk passando per il rap e l’elettronica

Il 2020 è stato un anno difficile, lo sappiamo bene e non serve ribadire il motivo. Ma se qualcosa ci ha aiutato nei periodi di lockdown e di isolamento sociale, quel qualcosa è stato sicuramente la musica: ci ha distratto, dato conforto, tenuti impegnati… salvato. Malgrado la mancanza di live e la situazione complicatissima per chiunque viva e lavori nel mondo dei concerti, dei festival e delle produzioni, gli artisti di tutto il mondo non si sono risparmiati. E infatti, sul fronte delle uscite musicali non possiamo proprio lamentarci. Sicuramente c’è stato un riallineamento e non ha prevalso un solo genere su tutti, mentre negli anni addietro, per esempio, abbiamo assistito al monopolio della trap e del rap (qui le classifiche del 20192018, 20172016 2015). Forse, negli album più rappresentativi del 2020 traspare la voglia di mettere l’essere umano al centro in un momento in cui i diritti spesso negati segnano la decadenza sociale. Ne abbiamo individuato 20, tra i più wired, privilegiando la sperimentazione e la contaminazione, che fosse elettronica, soul, funk, pop o con attitudine più rap o gospel.

20. MasCara – Questo è un palazzo. Questo è un uomo
Con il singolo Carne & Pixel erano andati al confine tra umano e digitale. In questo album il processo è più ampio e mette insieme soul, pop e uno sguardo al futuro coraggioso, sulle orme dell’ultimo Bon Iver, ma con una sensibilità rivista e densa di colori.

19. Nicolas Jaar – Cenizas (Other People)
In spagnolo Cenizas vuol dire ceneri. Ed è il titolo di un album complesso, tutt’altro che lineare, che sa di requiem elettronico con sax e momenti ultraterreni. In realtà, raccoglie la voglia normale di sperimentazione di un artista tra i più importanti del mondo elettronico avanguardista degli ultimi dieci anni. 

18. Kety Fusco – Dazed (Sugar)
L’arpista toscana, che ora vive n Svizzera, ha pubblicato un disco tra i più strani e curiosi usciti di recente, dove è riuscita nell’impresa di ricontemporaneizzare l’arpa facendolo diventare uno strumento nuovo. Elettronica e pop si fondono creando un atmosfere astratte.

17. Marta De Pascalis – Songs Ruinae (Morphine)
La compositrice e sound designer italiana, ormai berlinese da un po’ di tempo, ha esordito sulla lunga distanza con un lavoro che ha unito le frange più sintetiche della composizione elettronica all’analogico, azzerando le distanze tra i due mondi in otto tracce.

16. Clap! Clap! – Liquid Portraits (Black Acre)
Non è mai banale il percorso sonoro di Cristiano Crisci: qui, per esempio, passa dall’Africa al jazz con una coscienza altissima. Poi, le pulsazioni crescono e si apre un mondo ancora in parte inesplorato tra ritmiche primitive e finezze delicatissime: La ricerca dei particolari è quasi maniacale.

15. Populous – W (La Tempesta/Wonderwheel)
Questo album del producer pugliese è un manifesto. W sta per Women, perché vuole esaltare la donna nella musica e nella contemporaneità in cui le differenze di genere sono ancora voragini. Ogni traccia è una featuring con le migliori rappresentanti del pop contemporaneo alternativo, del reggaeton, del soul pop e del tropicalismo: da Lucia Manca a Myss Keta fino e LIM e Cuushe.

14. Dardust – S.A.D. Storm and Drug (Sony)
S.A.D. Storm and Drug è uscito a gennaio e da allora sembrano passate tre ere geologiche. Resta la sintesi perfetta delle intenzioni del produttore, pianista e compositore Dario Faini. Londra ed Edimburgo sono le principali scintille che hanno ispirato un denso viaggio tra classica contemporanea ed elettronica, un disco di contrasti sonori.

13. Daniel Avery & Alessandro Cortini – Illusion Of Time (Mute)
Metti insieme lo sperimentatore inglese Daniel Avery e l’italianissimo Alessandro Cortini (nonché già membro dei Nine Inch Nails), e il risultato non può che essere un viaggio cinematico tra nebbie e intrecci sintetici, un vero processo condiviso dove le due anime coabitano egregiamente.

12. Oneohtrix Point Never – Magic Oneohtrix Point Never (Warp)
Meno distopico e quasi nostalgico. Daniel Lopatin si muove in direzioni anomale, ma lui tutto può, perché sa maneggiare bene la materia. Ed è proprio questo il gesto che risalta di più: la capacità di spippolare. Il risultato è un grande lavoro che assomiglia a un programma radiofonico con sigle e jingle tra strutture più hip hop e 80s, che è qui per tutti.

11. Mourning [A] BLKstar – The Cycle (Don Giovanni)
Neo soul e gospel moderno prendono il sopravvento in un disco maestoso e ingombrante di significati e storie, ma soprattutto di vita. Qui la condizione umana e sociale è il nervo scatenante di tutto il processo sonoro che abbraccia anche il jazz e il trip hop, in un lungo discorso attraverso 18 brani.

10. Caribou – Suddenly (City Slang)
Quello che ritroviamo in questo disco è un Daniel Snaith diverso. Introverso, più pop, meno da ballare, capacità di creare mondi eterei da vero fuoriclasse con un tocco di riverberi e qualche auto tune messo qua e là. È indubbiamente un lavoro salvifico, quasi purificatore, ispirato dalla copertina e dai cerchi concentrici dell’acqua che si espandono.

9. Jessie Ware – What’s Your Pleasure? (Interscope)
Un disco praticamente dance pop. Jessie Ware è tornata quest’anno con un lavoro lussureggiante dove esce tutta la classe di un’artista che si è davvero ritrovata tra rimandi 80s e progressioni pop che animano. Se ritirassimo fuori il termine post disco, non sbaglieremmo di molto nel collocarci nella giusta pista da ballo.

8. Kelly Lee Owens – Inner Song (Smalltown Supersound)
Per lei non abbiamo più parole. Ogni suo disco ha un passo incredibile e la sua capacità di lavorare tra tech house e pop alternativo è strabiliante. La producer gallese classe 1988 non sbaglia nemmeno il secondo colpo e, dopo l’ottimo esordio nel 2017, si riposiziona tra le più brave in assoluto, grazie agli equilibri perfetti che vivono di vita propria e il classico esercizio di stile.


7. Lido Pimienta – Miss Colombia (Anti)
Lido Maria Pimienta Pazè è colombiana, ha già vinto un Polaris Music Prize e con il suo terzo lavoro ha trovato il giusto risalto nei componimenti fatti di contaminazioni caraibiche, tra cumbia e champeta. I colori sono fondamentali in questo art pop latino, che scava nelle radici e nelle tradizioni portandole al grande pubblico.



6. The Delay In The Universal Loop – Inner Capitalism (Bulbless!)
Il producer campano Dylan Iuliano, precisamente di San Nazzaro in provincia di Benevento, tira fuori un disco alienante dove campionamenti, rumori, voci, tagli-e-cuci sonori trasportano in un vortice di glitch che non si fermano più. Eppure, è anche un album che respira, vive e corre. Bravo, Dylan, che destruttura un suono per farne altro: un po’ come il capitalismo sta facendo con le vite umane.

5. Lorenzo Senni – Scacco Matto (Warp)
Il passaggio alla Warp, una delle etichette più importanti al mondo in ambito elettronico, non ha scalfito il nostro Lorenzo Senni. Scacco Matto viaggia a un livello superiore, una concezione sonora che si evolve rispetto ai precedenti lavori. Ha alzato l’asticella rischiando non poco, ma era la cosa giusta da fare.

4. Algiers – There Is No Year (Matador)
Ha un titolo tristemente profetico il terzo LP degli Algiers, che è un insieme di gospel contemporaneo, soul, beat sintetici, ma anche chitarra e batterie tribali, a ricordare la natura primitiva dell’uomo e i suoi diritti inalienabili. Insomma, un disco mosso dall’attivismo e dal groove che trasmette.

3. Run The Jewels – RTJ4 (Jewel Runners)
È il disco rabbioso e necessario di questo 2020, e a farlo uscire sono stati El-P e Killer Mike: uno arriva da Brooklyn e l’altro da Atlanta. Coppia ormai rodata che si è portata dietro un po’ di amici: da Pharrell Williams a Dj Premier fino a Josh Homme dei Queens Of The Stone Age. Un mix perfetto di rap militante scritto prima dell’omicidio di George Floyd, ma che si inserisce perfettamente nella discussione razziale americana.

2. Calibro 35 – Momentum (Record Kicks)
Li conosciamo per le loro ampie capacità di ricreare library music e atmosfere oscure-poliziesche. Questa volta hanno abbandonato la comfort zone per far emergere il soul, l’hip hop distillato, il funk jazz, la sperimentazione da laboratorio più pura, senza dimenticare quel che è stato fatto in oltre di 10 anni di carriera. Ci sono anche le featuring del rapper di Detroit Illa J e della londinese Mercy Welbeck, per tutti Mia.

1. Sault – Black Is / Rise (Forever Living Originals)
Del collettivo londinese non si sa molto: al massimo, i nomi degli ospiti Michael Kiwanuka e Laurette Josiah nel secondo disco del 2020, che è un urlo disperato di soul, funk e r&b su una tela nera. Perché gli album usciti sono due, a qualche mese di distanza l’uno dall’altro: Black Is e Rise narrano in modo esplicito le problematiche contemporanee di un anno disastroso che affondano in radici più antiche. Con i Sault andiamo alla ricerca di una nuova umanità persa da troppo tempo.

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[Fonte Wired.it]