3-I spa, la software house italiana nata nel 2022 eppure mai partita (dove 3-I sta per le iniziali dei suoi tre azionisti: Inps, Inail, Istat), secondo i piani del governo avrebbe dovuto essere un polo di riferimento per le pubbliche amministrazioni centrali e un centro di eccellenza del pubblico. Finora non è accaduto nulla di tutto ciò, e ad oggi la società è di fatto un (costoso) oggetto misterioso, una scatola vuota dalla dubbia funzione che ha già visto l’alternarsi di ben quattro presidenti.
A cosa dovrebbe servire 3-I spa
La sua costituzione (approvata in anticipo sui tempi previsti con il decreto legge 30 aprile 2022, il numero 36) era stata sbandierata come una milestone prevista nella “M1C1-Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Nei piani del governo guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, 3-I spa sarebbe dovuta diventare il fornitore privilegiato per informatica e soluzioni digitali dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), principale azionista dell’azienda con il 49% delle quote, dell’Istituto nazionale di statistica (Istat, 21%) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail, 30%).
Evidentemente, con il passare dei mesi, la mission iniziale si è però rivelata non perseguibile: le due “balene” (Inps e Inail) difficilmente possono essere messe in rete con l’Istat, che ha una struttura molto più snella e grava decisamente meno sulle casse dello Stato. C’è poi un problema di dati, con quelli dell’Istituto nazionale di statistica che godono di un regime di privacy che non li rendono compatibili con un utilizzo condiviso con gli altri soggetti interessati.
L’unica novità degli ultimi tre anni è il cambio del nome
Come accennato, sono stati quattro i presidenti che si sono avvicendati in soli tre anni (nell’ordine, Roberto Lancellotti, già consigliere dell’Inps; Claudio Anastasio, allontanato dopo aver citato parola per parola la rivendicazione dell’omicidio Matteotti di Benito Mussolini in una comunicazione aziendale; l’avvocato Gennaro Terracciano; Domenico Mastrolitto, direttore generale del Campus bio-medico) e al contempo ci sono state le assunzioni di due dirigenti, ben sedici coordinatori e sette collaboratori (in tutto si contano venticinque persone, dalle risorse umane all’ufficio legale, dalla comunicazione agli acquisti all’informatica). A poltrone occupate, però, non si capisce ancora bene cosa dovrebbe fare la software house, che nel frattempo ha persino cambiato nome, diventando Indata Pa spa.
Il decreto Pa 2025, volto ad accelerare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, oltre al cambio di nome, prevede che la nuova Indata PA Spa avrà il compito di favorire l’interconnessione tra i sistemi informativi delle amministrazioni, potenziando l’infrastruttura digitale del paese e migliorando l’efficienza delle banche dati pubbliche.
Perché la software house sarebbe in contrasto con la mission dell’Istat
Una prospettiva che però, già nel novembre 2024, preoccupava la Flc Cgil, che aveva chiesto un incontro all’amministrazione dell’Istat per chiarire i contorni di questa possibile mutazione e per verificare l’utilità per l’Istituto di continuare a partecipare alla società, i cui scopi appaiono sempre più in contrasto con la mission dell’Istat, in particolare dove si specifica che l’Istat (come le altre amministrazioni proprietarie della società) dovrebbe assicurare “la condivisione e la messa a disposizione dei dati e delle informazioni“, in contrasto con i principi di base della statistica pubblica.
In poche parole, i dati raccolti per finalità statistiche non possono essere condivisi e utilizzati con soggetti che ne potrebbero fare un uso non consono alle liberatorie. L’Istat in nessun caso può essere abilitato a mettere in condivisione microdati raccolti a scopo statistico per altre finalità, se non stravolgendo i principi alla base della statistica pubblica. E non si esclude che l’unica sostanziale novità degli ultimi tre anni, ovvero il cambio del nome della software house, sia propedeutica proprio a un’uscita dell’Istituto nazionale di statistica dal progetto.