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lunedì, Nov 25

5 cose che ci ha insegnato Capitan Harlock


Quarant’anni dopo la prima messa in onda italiana, ricordiamo in cosa ci ha ispirato il pirata spaziale creato da Leiji Matsumoto.

Tra i cartoni animati degli anni ’70 e ’80 è stato uno dei cult più cult: il 27 novembre 1979 andava in onda sugli schermi italiani di Rai 2 la finale della serie giapponese Capitan Harlock, ispirata all’omonimo manga di Leiji Matsumoto. Tra le decine di protagonisti dell’animazione nipponica che hanno invaso il piccolo schermo nostrano è uno dei più mitici, se non il più leggendario. Il pirata dello spazio che difende la Terra dalla fantomatica invasione di forme di vita dall’implacabile spirito di conquista (le mazoniane), il ribelle che disdegna gli ordini dei capi di governo e rigetta ogni imposizione sociale per seguire strenuamente i propri ideali è una delle figure fittizie più seducenti di sempre. Questo personaggio iconico con la benda sull’occhio, la cicatrice sul volto, il capello selvaggio e il fisico sottile avvolto in un mantello nero (e quella spada laser che per molti di noi è il gadget dei sogni definitivo) è stato un vero e proprio role model, un modello ispiratore, per un’intera generazione. Ecco cosa abbiamo imparato da lui.

1. Gli ideali contano più di tutto

L’elemento forse più impressionante dei cartoni animati giapponesi – e dei manga da cui sono tratti – degli anni ’70 e ’80 – è il radicale idealismo, spesso portato agli eccessi – che caratterizza i loro protagonisti. Dalla dedizione di Mimi Ayuhara allo spirito di sacrificio di Kyashan passando per il desiderio di indipendenza di Lady Oscar e l’anelito alla libertà di Capitan Harlock, lo spirito nipponico si condensa nella totalizzante adesione a principi da difendere con tutti se stessi. Il protagonista eponimo del manga, e poi del cartone, è un freedom fighter (un paladino della libertà) emblematico, disposto a donare tutto se stesso alla causa, i suoi ideali portano a scelte estreme e ne hanno di fatali su chiunque scelga di seguirlo. A noi comuni mortali ha lasciato l’ambizione a un’esistenza non schiava degli schemi sociali e della gerarchia.

2. L’universo è vario e infinito

La galassia in cui si muovono i personaggi di Capitan Harlock è costellato di pianeti, culture – più o meno ostili – e misteri da scoprire. Il manga – e poi il cartone, gli Oav e i film che si sono ispirati a questo – nascono dalla mente creativa di Leiji Matsumoto che intorno al pirata ha sviluppato un vero e proprio universo. Personaggi come quello della piratessa Esmeralda, del bambino che vuole diventare macchina Masai e della sua misteriosa accompagnatrice Maisha sono solo alcune delle figure provenienti da altre storie scaturite dalla fantasia del Maestro Galaxy Express 999 che si iscrivono in un sistema diegetico più ampio destinati – in un modo o nell’altro nel corso della narrazione – a imbattersi in Capitan Harlock e nella sua ciurma. È un universo in espansione che svela connessioni e legami inediti e imprevedibili, schemi dettati dal destino che ci siamo abituati a cercare anche nel mondo in cui viviamo.

3. Le donne più forti sono anche le più belle

La tostissima piratessa Esmeralda, amata alla fogllia dal piarata Tochiro e sorta di versione al femminile di Capitan Harlock, i cui percorsi sono destinati a incrociarsi inesorabilmente con quelli del pirata; Meeme, l’aliena dai poteri empatici e dalla chioma azzurra che si nutre di alcol ed è l’e ultima sopravvissuta del suo pianeta, la confidente e consigliera dell’Arcadia; Raflesia, la spietata regina delle Mazoniane con mire di conquista sulla Terra, e le sue comandanti Cassandra e Cleo. Sono personaggi femminili che satellitano intorno ad Harlock e assieme alle altre donne aliene, umane e androidi dell’universo espanso di cui fa parte il cartone rappresentano un ideale unico e affascinante di donna: dai lunghissimi capelli e dalle ciglia folte, dal fisico esilissimo, eteree e divine, sono figure assertive e di indole forte. È il modello femminile promosso da Matsumoto, che insegna come la grazia e la forza non si escludano a vicenda.

4. L’importanza dell’amicizia

Quella tra Capitan Harlock e il suo inseparabile partner criminale Tochiro è una delle amicizie più epiche rappresentate nel mondo dell’animazione. Tochiro è un’assenza presentissima nel cartone (ma militante nell’universo di Matsumoto): non è solo il genio che ha creato l’Arcadia e che in seguito ne diventerà – letteralmente – l’anima, è anche l’amico perfetto, un po’ buffo, ubriacone e leale di Harlock. Il modello di amicizia indissolubile tra i due è stata d’ispirazione per un’intera generazione, così come il rapporto singolare e misterioso che informa l’amicizia tra Harlock e l’aliena Meeme (la creatura che riesce a bere ettolitri di vino senza una bocca), la relazione tenera e protettiva che lega il pirata a Mayu (la bimba che suona l’ocarina), e in generale il senso di cameratismo della ciurma con il proprio leader.

5. La vita da pirata è l’esistenza dei sogni

Chi non ha sognato un’infanzia da pirata spaziale? Chiunque appartenga alla generazione cresciuta a pane e cartoni anni ’70 e ’80 ha sognato di pilotare un robottone, fare l’avventuriero tra le galassie o vivere alla corte di Francia. Il corsaro dello spazio dal look pittoresco era il leader della ciurma di pirati dell’Arcadia, gigantesco veliero intergalattico dal look retrò che solcava gli oceani siderali in un eterno esilio. La vita in comune  – e nonostante questo solitaria – , il costante senso del pericolo ma anche il senso di sicurezza della comunità, le esplorazioni e le scoperte belle e spaventose che caratterizzavano la quotidianità per i personaggi di questo cartone hanno insegnato a tanti il gusto per il viaggio e l’avventura, anche se l’esistenza precaria, liminale e avventurosa di Harlock e dei suoi uomini e donne rappresenta uno stile di vita che i più possono solo sognare.

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