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lunedì, Giu 24

5 cose dal nuovo libro di Alessandro Di Battista


Politicamente scorretto (Paperfirst) è la nuova opera del giramondo, divulgatore e agit-prop: dentro ci troverete un lunghissimo sms inviato da Dibba a Salvini

(foto: VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)

Ero all’aeroporto di Fiumicino. Stavo al telefono quando mi si avvicinò Giovanni Malagò. ‘Con chi stai parlando?’ disse. ‘Con una persona molto più importante di te’, risposi io”. Basta questo stralcio di testo per accorgersi di un dato fondamentale per la politica italiana: è tornato Alessandro Di Battista.

Un anno tra la California, il Guatemala e le comunità zapatiste a vergare reportage per Il Fatto quotidiano può bastare. Adesso il pentastellato più vagabondo che ci sia si è sistemato a Roma, si gode la sua  famiglia, un contratto da consulente editoriale per Fazi e la sua terza opera letteraria: Politicamente scorretto, edito da Paperfirst, la casa editrice del Fatto. Un libro nato sull’onda della sconfitta elettorale del Movimento alle europee di maggio, in cui il Dibba – recentemente definitoil peggior scrittore del mondo” dal regista Paolo Virzì sul Foglio – si concentra su cosa è andato storto.

Il libro è, essenzialmente, un riassuntone con finalità di diagnosi e terapia: ci siamo allontanati dalle piazze, sembra dire il pasionario, siamo stati fregati dal furbone Salvini: ora torniamo a essere politicamente scorretti. Le frasi cult contenute nell’opera, in questo senso, sono: “Il cambiamento vero si ottiene con il coraggio”; “abbiamo l’obbligo di ricostruire un sogno”, “basta essere complici”. Di seguito passiamo in rassegna 5 cose notevoli da tenere a mente del libro di Di Battista, nella remota ipotesi che non troviate il tempo o la voglia di leggerlo.

L’incontro con Malagò, appunto

Il Dibba uomo, che nonostante tutto ha sempre dimostrato di saper catturare l’attenzione con la sua scrittura, sa che una buona storia cattura più di dieci pagine di raffinata analisi politica. E allora eccolo, con le sue parabole dibattistiane. Come quando, per invitare il Movimento a rimarcare la sua presunta distanza dai poteri forti romani, ricorda quell’incontro fortuito col povero Giovanni Malagò, presidente del Coni colpevole di voler candidare Roma alle Olimpiadi. “‘Una persona più importante di me? Passamela, passamela’. Io non capivo cosa volesse quella piattola da me. ‘Ma cosa vuoi?’ risposi io. A quel punto arrivò Montezemolo, prese sotto braccio Malagò e disse: ‘Andiamocene che questi sono contro di noi’”. Boom.

Gli improperi a Matteoli

Quando vuole invitare tutti a tornare alle proteste contro la casta, Dibba ricorda di quando inveì personalmente contro la buonanima di Altero Matteoli, ex ministro delle Infrastrutture: “Lo incontrai a Piazza Firenze a Roma qualche giorno dopo il secondo V-Day lanciato da Beppe e gli dissi: ‘Per voi è finita, dovete andare tutti a casa’”. Così, di botto. Possibile risposta di un esterrefatto Matteoli: “Lei chi sarebbe, scusi?”.

Quell’incontro in hotel

Quando vuole difendere Grillo dall’accusa (a suo dire ingiusta) di aver fatto soldi col Movimento, entra in campo una scenetta ambientata all’Hotel Forum di Roma assieme a Luigi Di Maio: “Stavamo chiacchierando tranquillamente davanti alla televisione della hall quando Rai3 passò alcuni vecchi sketch di Beppe Grillo. Un cliente che passava si fermò un istante e disse: ‘All’epoca sì che era forte’. Non si accorse di noi. Io e Luigi ci guardammo e sorridemmo. In realtà Beppe ha sempre detto le stesse cose. Allora cos’è cambiato? Nulla, o meglio, tutto: si è schierato”. Pare una cosa costruita? Ma no, tutto nella produzione dibattistiana è genuino.

I nemici di Dibba

Ecco, il punto fondamentale è schierarsi. È la prima cosa da fare per un Movimento che vuole tornare a vincere, conciona Dibba, a cui tocca spianare la strada. I Benetton? “Provo un totale disprezzo”. I sondaggi? “È necessario verificare chi vi è dietro ai grandi istituti di ricerca italiani”. Il sistema mediatico? “Prova a uccidere – mediaticamente si intende – coloro che non si piegano”. Chiedetelo a Danilo Toninelli: “Da quando si è scagliato contro la famiglia Benetton ci hanno provato anche con lui”. Certo, Toninelli non ha reso la vita impossibile ai suoi calunniatori, direbbero i maligni.

L’sms a Salvini

L’ultimo capitolo del libro, lo scrittore lo dedica all’abbraccio mortale messo in piedi con la Lega. È il pezzo più importante del libro, e forse il più sincero. Di Battista attacca Salvini come forse non aveva mai fatto: “Gioca sporco”, “fa strategia, provoca”, “gli interessa solo fare il presidente del Consiglio”. Ma poche righe dopo si assume la sua dose di responsabilità per quell’alleanza di governo e ammette di aver preso un abbaglio. Per provarlo, pubblica un sms che inviò a Salvini durante le trattative per la formazione dell’esecutivo. Fu un tentativo piuttosto tenero. Di Battista chiamò Salvini “Dudù“; Di Maio disse a Di Battista che Salvini si era offeso; Di Battista scrisse dunque un messaggino a Salvini per ricomporre la frattura.

Il messaggio è pubblicato integralmente sul libro, ma visto che è di 1442 caratteri – alla faccia dell’sms! – ne riportiamo un estratto (grassetti nostri):

Matteo ciao. Mi sono incazzato settimana scorsa perché non ho tollerato da italiano quella scena lì. […] Allo stesso tempo penso, e te lo dico lealmente, che ti sei fatto un culo a strisce in questi anni. Lo so perché me lo sono fatto anche io. Sei andato in giro. Hai girato l’Italia da nord a sud, come ho fatto io. Li hai visti i problemi.  […] Ti scrivo per dirti che […] sono convinto che un governo Lega-M5s potrebbe fare delle cose importanti. Lo penso. Penso che tu sia anche molto più di sinistra del pd. In altre parole penso che tu abbia a cuore questo paese e la povera gente molto più di tanti altri che si riempiono la bocca della parola ‘diritti’ ma che hanno distrutto il paese. Io sto per partire. […] Quel che ti dico, sinceramene, è che abbiamo un’occasione. Non la perdere. Non la perdiamo. Buona notte”.

Non l’hanno persa entrambi, quell’occasione. Ma il secondo, oggi – di professione giramondo, super-editor, divulgatore, agit-prop e letterato – oggi pare proprio essersi pentito delle sue scelte.

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