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giovedì, Mar 11

5 giochi da tavolo per costruire la città dei propri sogni



Da Wired.it :


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Cities Skylines
Tra le novità del genere, Cities Skylines è quello che mira più di tutti a simulare l’esperienza cui sono abituati gli appassionati di city builder virtuali. Il titolo, infatti, sarà ben familiare a chi ha avuto modo di apprezzare il videogioco omonimo, considerato il vero erede spirituale di Sim City (classico cult degli anni ’90).

 

Bando alla competizione: in una serie di scenari da affrontare in modo cooperativo, da 1 a 4 giocatori collaboreranno per edificare una città vivibile, piena di cittadini occupati, felici e senza troppo traffico, inquinamento o criminalità. Fare i sindaci non è una passeggiata, e vincere alcuni scenari, o anche semplicemente mettere in piedi una città sostenibile, si rivelerà tutt’altro che semplice.

 

La complessità del titolo non deriva tanto dalle regole, fortunatamente lineari e in grado di creare un ritmo di gioco veloce, ma dai tanti parametri da prendere in considerazione. Le tessere edificio hanno forme ben precise da incastrare sul tabellone e offrono bonus determinanti solo se si trovano adiacenti ad altre costruzioni specifiche. Così, un quartiere residenziale richiederà spesso una centrale di polizia per garantire la sicurezza degli abitanti, mentre un distretto commerciale dovrà essere ben servito dai mezzi.

 

Bisognerà gestire i soldi a disposizione, scegliere quando superare le milestone necessarie per vincere, bilanciare aree residenziali, industriali, servizi e infrastrutture, cercare di realizzare preziosi edifici unici. Gli scenari avanzati introducono eventi (presentati da fogli di giornale), ruoli speciali, politiche pubbliche con bonus una tantum, e sbloccano persino livelli di difficoltà più alti per giocatori davvero esperti (gioco di Rustan Håkansson, edizioni Ghenos Games, 1-4 giocatori, 40-70 minuti, 14+ anni, 39,95 euro).

 

Wired: uno dei simulatori di città più tematici in formato gioco da tavolo, per chi vuole creare una metropoli ampia senza essere costretto in una griglia claustrofobica.

 

Tired: la difficoltà elevata, l’approccio cooperativo o, ancor meglio, solitario e la grafica seriosa (in linea con il videogioco) rappresentano un mix non adatto a tutti i giocatori

Tiny Towns
Nel profondo del bosco, una civiltà di animaletti è impegnata a costruire delle piccole città in cui rifugiarsi dai predatori. Vestendo i panni dei sindaci, i giocatori competono per gestire le scarse risorse disponibili e costruire il villaggio più prospero.

 

Tiny Towns è una delle novità nel genere city builder che ha riscosso maggiore interesse nei mesi recenti, adatto tanto alle famiglie quanto ai giocatori più esperti. Ogni sindaco ha dinanzi a sé una griglia di dimensioni 4×4 sulla quale sviluppare la propria piccola città. I giocatori si alternano nel decidere quale tra le sei risorse (le solite: legno, mattoni, pietra, e così via) verrà prodotta, e tutti i giocatori dovranno fare buon viso a cattivo gioco. I cubetti-risorsa colorati andranno infatti piazzati nella propria griglia personale, occupando uno dei preziosissimi 16 spazi a disposizione.

 

Chi riesce a disporre i cubetti giusti nell’ordine giusto (ad esempio, una fila di due pietre e un legno, o una “L” di quattro risorse diverse) può eliminarli dalla plancia e sostituirli con un edificio: ce ne sono di molti tipi diversi, e ognuno dà punti in base a condizioni di piazzamento differenti (se disposto vicino ad altri palazzi, se collocato negli spazi centrali o negli angoli). Il problema è che la griglia si riempirà in fretta di costruzioni inamovibili e risorse inutili, sino a rendere rapidamente impossibile aggiungere altri pezzi. E a quel punto, è game over (gioco di Peter McPherson, edizioni Raven Distribution, 2-6 giocatori, 14+ anni, 50 minuti, 44,90 euro).

 

Wired: la grafica colorata e pucciosa nasconde un puzzle game brillante e senza tempi morti; apprezzabile la variante con risorse a estrazione casuale, che elimina l’interazione (e le cattiverie) tra i giocatori.

 

Tired: prezzo leggermente superiore alla media, anche considerando i buoni componenti

Alhambra
Uscito originariamente nel 2003 e vincitore, all’epoca, del prestigioso premio Spiel des Jahres (Gioco dell’anno), Alhambra è da poco ritornato disponibile in Italia con una nuova edizione e una grafica rivista e aggiornata, con tanto di torretta-distributore di tessere.   Si tratta di un’ottima occasione per riscoprire un classico che introduce un gradito tocco orientale al genere dei city builder con piazzamento tessere.

 

Nella Spagna del 1287, i migliori architetti del mondo conosciuto si sfidano per costruire lo splendido palazzo-fortezza in stile arabo di Alhambra. A turno, i giocatori possono prendere soldi da un mercato comune; costruire serragli, torri, giardini, pavillon e altri edifici, cercando di ottenere le maggioranze che garantiscono i punti vittoria; o modificare la composizione del proprio palazzo, piazzando le tessere edificio in base a regole precise e cercando di creare la fila di mura ininterrotta più lunga.

 

L’efficienza è la chiave per ottenere la vittoria sugli altri architetti, perché pagare un edificio esattamente il proprio costo permette di ottenere un’azione extra, mentre spendere di più significa non ottenere indietro alcun resto (gioco di Dirk Henn, edizioni Devir 2-6 giocatori, 8+ anni, 45-60 minuti, 29,90 euro).

 

Wired: una riedizione moderna di un classico, veloce da imparare, adatto per tutta la famiglia.

 

Tired: si gioca al meglio in 3 o 4 giocatori. In 2 bisogna giocare con il morto, mentre in 5-6 la fortuna gioca un ruolo preponderante

Machi Koro
Chi ha detto che costruire una città debba essere complicato? Machi Koro è un piccolo board game proveniente dal Giappone che ha un vantaggio su tanti giochi del genere, ed è la sua semplice, spensierata rapidità, unita al fatto di mantenere l’attenzione di tutti i giocatori in qualsiasi momento. Caratteristiche che lo rendono adatto anche ai più piccoli: l’età consigliata è dai 7 anni in su.

 

Lo scopo, ovviamente, è costruire una città ricca di attività commerciali e produttive. Ogni edificio è associato al numero di un dado e a un effetto particolare, che tipicamente permette di guadagnare monete. Ad esempio, chi possiede un campo di grano ottiene una moneta quando viene tirato un “1” da qualsiasi giocatore, anche al di fuori del proprio turno. I minimarket producono invece 3 monete, ma solo se per chi tira un “4” durante il proprio turno, e non in quello degli avversari.

 

Dopo aver tirato uno o due dadi, il giocatore dovrà decidere come spendere le proprie preziose monete per costruire nuovi edifici, acquistabili da un mercato comune: sarà meglio diversificare le proprie probabilità su più numeri di dado, o concentrarsi su uno o due numeri particolarmente redditizi, affidandosi alla fortuna? Il primo a completare quattro edifici speciali molto costosi, ciascuno associato a un potere unico particolarmente potente, sarà il vincitore della partita (gioco di Masao Suganuma, edizioni Uplay.it, 2-4 giocatori, 30 minuti, 7+ anni, 24,95 euro).

 

Wired: un gioco coinvolgente e alla portata di tutti, in un’adorabile scatola di latta.

 

Tired: chi non sopporta il ruolo della fortuna e cerca giochi di un certo peso strategico farebbe meglio a tenersene alla larga

My City
My City è una delle opere più recenti di Reiner Knizia, un game designer leggendario per la propria prolificità (con oltre 600 giochi progettati all’attivo) e per la capacità di sviluppare idee appassionanti con pochi, essenziali elementi.

 

My City non fa eccezione. Recupera tutti i fattori classici del genere: una griglia su cui sviluppare la propria città, tessere edificio dalle forme simili a quelli del Tetris (polimini) selezionate casualmente tramite un mazzo di carte, e una competizione tra i giocatori basata su semplici regole di piazzamento per calcolare punti positivi e negativi. Cos’ha di particolare, allora? La natura legacy.

 

In questo genere di giochi, ogni partita ha delle conseguenze sulle successive e alcuni componenti di gioco vengono modificati o distrutti. Nel caso di My City, le plance dei giocatori vengono permanentemente contrassegnate con sticker e pennarelli; il gioco si articola in più capitoli i cui segreti (edifici aggiuntivi, nuove regole, nuovi adesivi) sono svelati soltanto al momento giusto, aprendo delle buste sigillate.

 

Il risultato è una campagna composta da 24 partite consecutive, al termine della quale vi sarà un solo vincitore. E poi? C’è la modalità “eterna”: il retro della plancia permette di continuare a giocare con partite singole, come in un gioco normale, usando però una frazione delle tante regole della campagna (gioco di Reiner Knizia, edizioni Giochi Uniti, 2-4 giocatori, 10+ anni, 30 minuti, 39,90 euro).

 

Wired: una partita tira l’altra, e il meccanismo legacy mantiene il gioco sempre fresco per tutta la campagna.

 

Tired: la grafica è sin troppo minimal, senza guizzi artistici; serve necessariamente un gruppo di amici dedicato a portare a termine la campagna





[Fonte Wired.it]