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lunedì, Set 23

5 motivi per cui Lost era una serie sopravvalutata


A distanza di 15 anni dal debutto della serie cult ideata da Jj Abrams, mergono perplessità su questo fenomeno mediatico. Ecco cosa si fa pensare che ci eravamo entusiamati troppo.

Delle migliaia di serie che hanno riempito i palinsesti televisivi americani ed europei, solo una manciata può vantarsi di aver costituito un fenomeno mediatico: Visitors, Dallas, Twin Peaks, X Files, Game of Thrones. Pochi altri, e tra questi, Lost, che il 22 settembre festeggia i 15 anni dal suo debutto sul canale network americano Abc. La serie creata da Damon Lidelof e dal celebrato Jj Abrams (oggi promosso a coordinatore di saghe cinematografiche seminali del calibro di Star Wars e Star Trek) seguiva le avventure di un gruppo di sopravvissuti a un incidente aereo che, dispersi su un’isola deserta, cercavano di fare ritorno alla civiltà. Nei sei anni successivi Lost si è attestata via via come un show di fantascienza, fantasy, mystery, romance, mistico. Nel frattempo ha collezionato uno stuolo di spettatori fedeli e agguerriti, alcuni dei quali navigatori della rete imperterriti e creativamente impegnati a trovare le risposte ai misteri dell’isola. Oggi come ieri per molti considerare Lost una serie sopravvalutata è un’eresia, specialmente se ci si sofferma sull’originalità di alcune soluzioni narrative (la botola) o la riuscita di alcuni personaggi (Linus è tra i migliori villain di sempre); tuttavia, noi qualche perplessità ce l’abbiamo.

1. I flashback

Una delle caratteristiche dello stile narrativo di Lost erano i flashback. Le puntate delle sei stagioni ne sono disseminate. Questi sguardi al passato riuscivano efficacemente a fare chiarezza sui comportamenti dei personaggi tramite le loro esperienze passate e contribuivano a spiegare i misteri dell’isola, la natura del Progetto Dharma e così via. Dopo l’eclatante successo delle prime due stagioni di Lost, il network Abc impose agli showrunner di diluire il più possibile la narrazione per trarne i massimi benefici economici, così i flashback furono utilizzati sempre più spesso per descrivere situazioni del passato superflue. Questa proliferazione di innesti nella trama rese questa frammentaria e la sua fruizione snervante (e gli spettatori abbastanza svegli da capire il trucco percepirono la beffa).

2. Jack e Sawyer

Come accennato, Lost è la casa di alcuni personaggi che ancora oggi possiamo annoverare tra i più memorabili della storia del piccolo schermo, dal sibillino Locke al menzionato Linus. Accanto a questi, ce ne sono altri dai profili inconsistenti o controversi, a partire dall’amatissimo (dal pubblico) leader dei sopravvissuti dell’isola, Jack. Un po’ come Rick Grimes di The Walking Dead, altro personaggio insicuro ma  intoccabile di un’altra serie di culto intoccabile, in realtà non era un modello credibile di leader e non aveva il carisma necessario alla carica.

Sawyer, il belloccio bad boy dell’isola, era lo specchietto delle allodole per noi affezionati del tipo bel tenebroso. Anche questo personaggio con le sue meschinerie gratuite (l’omicidio della rana, per esempio) e la sua contrizione rabbiosa, si prese troppo spazio a discapito dell’evoluzione della storia.

3. La deriva soap

Non c’è niente di più denigrante per una serie dalla trama audace e dalle pretese ambiziosissime come Lost che perdersi in triangoli sentimentali, piagnistei amorosi e baruffe tra coppie. Grazie a Sawyer e  Kate (e Jack), una serie concepita per tenere il pubblico incollato allo schermo con un intreccio fatto di misteri, tensione e cospirazioni, imboccò la deriva da soap pomeridiana.

Oggi qualcuno può guardare con nostalgia alla storia d’amore dei due e ricordarla come una delle più rilevanti della serialità recente, ma gli effetti che questo innesto nella trama insieme (così come altre dinamiche relazionali aggiunte nelle sceneggiature per accattivarsi la fetta di pubblico più romantica) furono nocive per la qualità dello show.

4. La mitologia

Lost ebbe il pregio di presentare al pubblico qualcosa di nuovo rispetto al panorama seriale corrente: un gruppetto di protagonisti isolati il cui fato – e la cui sopravvivenza – è incerta, con un mistero – o più misteri – da scoprire, in una trama prevalentemente orizzontale. Nessuno è riuscito a replicarne il successo, anche perché Lost in più si avvantaggiava di una mitologia inedita e complessa. I sopravvissuti al disastro aereo senza un graffio, l’oscura nuvola nera che compariva in alcuni punti dell’isola, orsi polari in località tropicali, laboratori segreti, botole ancora più segrete, viaggi nel tempo, presenze divine… questo insieme di bizzarrie rendeva Lost addictive, ma la distribuzione di questi amenità senza una spiegazione plausibile ben presto perse il suo effetto sorpresa e diventò solo una lunga lista di espedienti sconclusionati.

5. La fine

Quando la serie finalmente raggiunse un epilogo, il responso del pubblico che aveva atteso con fervore spasmodico di sapere la verità sui sopravvissuti e la natura dell’isola si divisero in sostenitori e detrattori, con una consistente superiorità numerica dei secondi. A noi un finale che perplime sembra il minore dei male dopo sei anni di perplessità, per gli altri fu lo smacco finale e la prova che si era sopravvalutata una serie risoltasi con una spiegazione incompleta (tanti, quesiti rimasero senza risposta) e, soprattutto, chiaramente formulata in corso d’opera.

Il motivo per cui gli intrecci di questo arazzo non formavano un disegno compiuto era perché Abrams, latitante artisticamente come aveva fatto prima con Alias e poi con Fringe, a una spiegazione non ci aveva pensato. Ne vennero a capo con una gli sceneggiatori dopo, ma senza un piano iniziale, i vari tasselli non collimavano. Non il massimo per uno show incentrato sul mistero.

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