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lunedì, Ott 21

5 motivi per rivedere Cowboy Bebop


Indiscusso cult dell’animazione giapponese, la serie di Shinichiro Watanabe debuttava il 21 ottobre 1999. Ecco perché (ri)guardarla prima dell’arrivo del live action su Netflix

Considerato, a ragion veduta, uno delle migliori serie animate mai prodotte, la serie Cowboy Bebop compie vent’anni il 21 ottobre. Ai suoi esordi in Giappone l’anime andò malissimo, poi, un po’ come Blade Runner, il tempo e soprattutto il successo nel mercato internazionale ne hanno consolidato lo statuto di cult. Realizzato dalla casa di produzioni animate Sunrise (la stessa di Gundam, Patlabor ed Escaflowne), è ambientata nell’anno 2071, in un futuro dove la Terra non è più abitabile e i suoi abitanti vagano in cerca di una nuova casa su Marte, Ganimede e le altre colonie disseminate nel sistema solare. Le avventure di Spike Spiegel, Jet Black, Faye Valentine, Ed ed Ein, cacciatori di taglie dello spazio, sono racchiuse in 26 episodi entrati nella libreria di Netflix (e trasmessi per la prima volta su Mtv), piattaforma digitale che ha annunciato l’intenzione di produrre una versione live action del cult di Shinichiro Watanabe (Animatrix). Quest’ultimo, fanatico di cultura popolare occidentale, ha infuso Cowboy Bebop delle sue passioni e riflessioni personali creando qualcosa di unico (e forse irripetibile). Ecco perché rivedere Cowboy Bebop.

1. La filosofia di Cowboy Bebop

Al suo primo passaggio televisivo in patria la serie lasciò, come accennato, perplesso il pubblico: non era solo arduo inquadrarne il genere, lo show era permeato da una nostalgia e da un esistenzialismo che furono giudicati ostici. Oggi Cowboy Bebop è considerata un capolavoro anche e soprattutto per il suo indugiare in meditazioni sul peso del passato e delle proprie azioni, sul senso di solitudine e su quello della perdita. A ciascun personaggio manca, infatti, qualcosa: a Spike l’amore della vita (rappresentato dalla perdita dell’occhio), a Black l’irrequietezza della gioventù (a ricordarglielo il braccio bionico), a Faye i propri ricordi, a Ed il padre. Ognuno di loro si sente irrisolto e incapace di chiudere con un passato di cui sembra impossibile liberarsi, ognuno di loro, nonostante l’amicizia e il cameratismo che li lega, è destinato a finire da solo e fare i conti – sempre da solo – con un destino ineluttabile espressione di uno spietato equilibrio cosmico. Forse vent’anni fa eravamo troppo giovani per capire, una seconda visione è l’occasione per apprezzare ancora di più questo anime.

2. Spike Spiegel

Cowboy Bebop è ambientata nello spazio, per lo più sull’astronave che ospita i cacciatori di taglie protagonisti. Spesso mette in scena la quotidianità del gruppetto, fatta di ozio, noia e bisticci. Campione di pigrizia e fancazzismo supremo è Spike Spiegel, giovanotto smilzo, cinico, fumatore accanito e depresso cronico che maschera oceani di doloredietro un ostentato nichilismo. Se non ve ne eravate accorti alla prima visione, oggi vi renderete conto che Spike è un incrocio tra Clint Eastwood (un po’ ispettore Callahan un po’ antieroico cowboy della Trilogia del dollaro di Sergio Leone) e Shunsaku Kudo, il personaggio interpretato da Yukasu Matsuda nella serie giapponese Tantei Monogatari a fine anni ’70. A sua volta, Spike è un fan di Bruce Lee, (è lui stesso un esperto di arti marziali).

Nonostante la serie brilli per un bel cast corale, sopra tutti spicca proprio Spiegel, specchio (questo il significato del suo cognome in tedesco) delle anime logorate e sofferenti, nonché uno dei personaggi più belli di tutta l’animazione nipponica.

3. Tra generi e citazioni

Una delle ragioni per cui Cowboy Bebop ebbe vasta risonanza sul mercato occidentale è in virtù del suo citazionismo. È difficile inquadrare a che genere appartenga perché nello show si fondono i generi cinematografici delle pellicole noir e della slapstick comedy hollywoodiani, dell’heroic bloodshed di Hong Kong, degli action movie di Bruce Lee e dello spaghetti western.

Gli episodi sono disseminati di riferimenti a classici, da Alien a Blade RunnerL’ultimo combattimento di Chen. Non serve essere cinefili per apprezzare questo pastiche postmoderno, basta lasciarsi conquistare dall’originalità di quello che lo stesso Watanabe ammise essere “un genere nuovo”. Tuttavia, rivedendo la serie, qualcuno riconoscerà come, a sua volta, Cowboy Bebop abbia influenzato autori come Quentin Tarantino (date un’occhiata a Kill Bill Vol 1) o Joss Whedon (con Firefly).

4. La colonna sonora di Yoko Kanno

Mai nessuna serie animata è stata celebrata per la sua colonna sonora come la Cowboy Bebop. La compositrice Yoko Kanno è una sorta di divinità della composizione di commenti musicali cinematografici e seriali alla stregua di Joe Hisaishi (il compositore dei film di Hayao Miyazaki) o Ryuichi Sakamoto (L’ultimo imperatore). Sue le soundtrack eccezionali di Macross, Proteggi la mia Terra e I cieli di Escaflowne, ma la sua opera migliore resta proprio Cowboy Bebop, per la quale mise assieme un jazz band apposita, i Seatbelts. Jazz, blues, rock britannico: la colonna sonora della Kanno (reperibile anche in cofanetti da collezione), come lo show, oscilla tra i generi ed è sensazionale. Inoltre, è stata scritta prima della produzioni degli episodi, tanto da influenzarne la realizzazione.

5. Non per forza binge watching

Alcuni di noi ricordano ancora con malcelato risentimento le programmazioni dei palinsesti televisivi italiani degli anni ’80 e ’90, famosi per trasmettere le puntate di serie e cartoni animati a casaccio. Il tipo di narrazione verticale tipica di quei decenni non escludeva comunque quella orizzontale, mentre oggi basta spostare od omettere un qualsiasi episodio di una serie Netflix o di un drama coreano per non capirci più niente. Cowboy Bebop, nonostante fosse già una serie del XXI secolo, è stata concepita per funzionare anche come intrattenimento verticale, per cui non richiede necessariamente il binge watching sequenziale: la maggior parte dei capitoli costituiscono trame a sé stanti – Watanabe chiamava gli episodi “piccole storie”, ideali per chi ama godersi una puntata ogni tanto.

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