Seleziona una pagina
martedì, Lug 21

5 ottime ragioni per riguardare Sherlock



Da Wired.it :

La serie culto della Bbc, rivisitazione in chiave contemporanea delle indagini dell’infallibile detective firmata da Steven Moffat e Mark Gatiss, compie 10 anni. Ecco perché non potete esimervi dal rivederla (almeno una volta)

Dodici episodi (più uno speciale) della durata “cinematografica” di 90 minuti ciascuno; altrettanti romanzi in versione audiovisiva ispirati ai delitti misteriosi narrati nei gialli dello scrittore Arthur Conan Doyle e incentrati sulla figura dell’infallibile detective Sherlock Holmes. La britannica Sherlock è la serie di Bbc creata da due autori amanti della provocazione e dei classici come Steven Moffat & Mark Gatiss, abilissimi nel trasformare pietre miliari  della letteratura in cult contemporanei. Esattamente 10 anni fa, il 25 luglio, debuttava nel Regno Unito uno dei futuri cult seriali del Nuovo Millennio.

I protagonisti erano una versione dalla personalità indomabile e irrequieta dell’imperscrutabile investigatore inglese e il suo partner – e migliore amico – professionale, il paziente medico e veterano dell’Afghanistan che nasconde un’anima da adrenaline junkie. Ecco perché è ora di rivedere Sherlock.

1. C’è del genio in questa follia

La prima metà della serie prodotta dalla britannica Bbc è stata più volte definita “geniale”. Non a torto, le tecniche narrative utilizzate dai due sceneggiatori, il ribaltamento del punto di vista adottato nella messa in scena, le svolte narrative imprevedibili, l’opera di contemporaneizzazione del mito operato su un classico della letteratura inglese (i due si erano già allenati a farlo con l’ottima e misconosciuta miniserie Jekyll e ci riproveranno poi con risultati ambivalenti con la netflixiana Dracula) formano un prodotto unico. La stagione 2 – composta da tre episodi – tra cui Scandalo a Belgravia e Le cascate di Reichenbach – è tra le più suggestive e qualitativamente alte prodotte in Occidente. La seconda parte è opinabilmente meno riuscita, ma senza che questo privi la serie dell’impatto mediatico che ha avuto. Nota bene: non disertate il pilot originale per non perdervi la versione “checchino” di Watson, dove il veterano di guerra impersonato da Martin Freeman è molto più duro e spietato di come lo conosciamo.

2. Se il sociopatico è altamente funzionale

Il giovane Holmes, l’uomo e il detective che è stato in gioventù prima di diventare la figura letteraria rappresentata nei romanzi di Arthur Conan Doyle, era – secondo Moffat & Gatiss – un pazzo pericoloso. Sherlock si autodefinisce “un sociopatico altamente funzionale, millanta l’incapacità di affezionarsi al prossimo (o perlomeno di provare un minimo interesse) e si lascia governare dall’unico scopo di assegnarsi delle sfide – dei casi da risolvere – per abbattere la noia che avvolge la sua intelligenza superiore.

Poco importa che il protagonista sia il fratello scemo di altri due molto più intelligenti e disturbati di lui e che, in realtà, sia perfettamente in grado di voler bene ad altri esseri umani, il bello dello Sherlock incarnato da Benedict Cumberbatch (diventato una superstar hollywoodiana grazie a questo ruolo), arrogante, irascibile, egocentrico e dispettoso, è che è impossibile non trovarlo… interessante.

3. Hai detto Moriarty?

Senza Sherlock, forse, oggi non potremmo godere di quel patrimonio nazionale d’Irlanda che è Andrew Scott, almeno non ai livelli di visibilità che lo hanno portato successivamente a incarnare personaggi iconici come il Prete sexy di Fleabag.

Ancor più memorabile è stato e resta, il suo Jim Moriarty: nemesi del consulente detective (lui stesso si definisce consulente criminale), è uno dei villain più terrificanti mai comparsi sul piccolo schermo. Moriarty è il Male incarnato, il Male per sé, una figura che non ha bisogno di giustificare le proprie azioni con passati traumatici e che è disposto a tutto, anche a morire di una morte futile, per soddisfare il suo concetto di bellezza del Male. Il Moriarty di Scott è un omino smilzo e dall’aspetto apparentemente insignificante che a un secondo sguardo fa rabbrividire con quei suoi occhi nerissimi, incandescenti e senza fondo, oltre alla voce (Sherlock non si può guardare doppiato) sibillina e inconfondibile.

4. Questione di bromance

Il filone incentrato sul bromance (ovvero sull’amicizia strettissima – a volte quasi equivoca – tra protagonisti maschili) è vitale nella serialità britannica, americana e asiatica. Non parliamo di fratellanze che evolvono formando vere e proprie relazioni sentimentali (il capitano Harkness e Ianto), né di rapporti francamente equivoci (la metà delle amicizie maschili nei k-drama), bensì di un’affinità elettiva e indissolubile come quella che informa le interazioni tra Holmes e il Dr. Watson.

Una frangia di seguaci più fantasiosi ci ha visto sottotesti omoerotici super hot (in questo e altri adattamenti) che onestamente non esistono, ma il bromance resta. E quel rapporto di dipendenza non proprio sano, ma irresistibilmente confortante tra Sherlock e John, costituisce una delle amicizie maschili assolute che non ci si stanca mai di ammirare e rimirare.

5. Il tempo delle serie inglesi

La pandemia ha falciato l’intera stagione televisiva inglese. Le produzioni britanniche – quelle firmate dalla Bbc nazionale, quelle più audaci di Channel 4, quelle più conformiste di Itv e così via – sono e restano tra le migliori del panorama mondiale, anche dopo l’avvento degli show targati Netflix, Amazon Prime Video e altre piattaforme digitali che hanno quasi azzerato l’interesse dello spettatore per le cugine americane realizzate dai network. Dal momento che il Covid ha rallentato la creazione di nuove produzioni occidentali (in Oriente, invece, si procede di gran lena) e pellicole cinematografiche, l’occasione per rispolverare storie già viste si presta a una seconda, una terza o una quarta visione di show come Sherlock, capace di riservare sempre qualche sorpresa o qualche dettaglio finora sfuggito.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]