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giovedì, Giu 27

5 serie tv stravolte dal doppiaggio italiano


Le recenti polemiche su Neon Genesis Evangelion riportano alla mente alcuni casi in cui il doppiaggio ha cambiato radicalmente le versioni italiane di alcune serie tv

La recenti polemiche sul nuovo adattamento italiano (e non solo) di un anime culto come Neon Genesis Evangelion hanno riaperto l’annoso e mai esausto dibattito sul tema del doppiaggio: quanto è legittimo ricorrere alle versioni doppiate delle serie tv (ma anche dei film) se si vuole avere un’esperienza più vicina all’originale? È innegabile che la maggior parte del grande pubblico segua i suoi titoli preferiti in versione doppiata ed è altrettanto vero che per anni la scuola di doppiaggio italiana è stata impareggiata nel mondo.

Ma oggi le cose cambiano, il numero di materiali da adattare e doppiare aumentano in maniera spropositata e certi meccanismi di fedeltà possono sempre più spesso incepparsi. Ecco alcuni esempi di serie tv che già nei decenni scorsi ci hanno mostrato i limiti della fruizione mediata dal doppiaggio:

1. La Tata

La capostipite di tutte le serie stravolte nella versione italiana è sicuramente La Tata, che diventa praticamente un telefilm diverso rispetto a quello pensato per il pubblico americano. Fran Fine, tipica ragazza un po’ grezza del Queens, proveniente da una famiglia ebrea, diventa nella verace ragazza ciociara Francesca Cacace. Anche la sua famiglia viene stravolta: sua zia Assunta (Sylvia in originale) è in realtà sua madre mentre Yetta è la nonna.

Ma molti interventi sono stati compiuti anche sui dialoghi, per eliminare parecchi riferimenti alla cultura popolare degli Stati Uniti che all’epoca forse non erano comprensibili per il pubblico italiano. Ecco che i discorsi di persone che abitano chiaramente a New York vengono infarciti di riferimenti alla Standa, al Teatro alla Scala e a Caterina Caselli. Oggi con la possibilità di vederla in lingua originale si è di fronte praticamente a una serie inedita.

2. Xena

Un altra serie culto degli anni Novanta, Xena, la principessa guerriera, andò in onda in modo più fedele all’originale. Ma anche qui l’intervento dell’adattamento italiano funzionò in maniera pesante per edulcorare in particolare un aspetto. Perché se è vero che alcuni nomi sono stati modificati arbitrariamente (da Gabrielle a Olimpia, da Joxer a Corilo ecc.) e alcuni riferimenti letterari sono andati perduti senza troppa preoccupazione, è proprio il rapporto fra la protagonista e la sua sidekick Olimpia, appunto, a essere stato oggetto di un profondo stravolgimento.

Nel corso delle varie stagioni della versione americana è chiaro che fra Xena e Olimpia c’è molto di più che un’amicizia: il sottotesto amoroso è più che evidente tanto che le due sono diventate un simbolo del movimento lesbico. Eppure in Italia il doppiaggio fa di tutto per edulcorare il loro rapporto: soprattutto nelle stagioni conclusive, quando la relazione fra le due si fa più matura e per certi versi esplicita, molti dialoghi sono stati modificati pesantemente e addirittura alcune scene tagliate per non dare adito a certe ipotesi.

3. I Griffin

Ancora una volta il problema di molti prodotti comici americani, pensati in patria per la prima serata, è che da noi vengono trasmessi in fasce pomeridiane in cui intercettano un pubblico decisamente più giovane. Pensando di poter bissare il successo dei Simpson nel pomeriggio, infatti, Italia 1 ha trasmesso da sempre I Griffin nelle stesse fasce orarie. Peccato che Family Guy, questo il titolo originale, sia una serie dissacrante, assurda e volgare, com’è nella verve del suo creatore Seth McFarlane. Trasmetterla per un pubblico di adolescenti ha significato sminuire gran parte della sua salacia.

Chi assiste alla versione italiana doppiata, dunque, si trova di fronte a episodi a cui vengono tolte battute dai toni razzisti o sessisti, in cui i termini sessuali o gergali vengono normalizzati e in cui i riferimenti a attori, film o libri americani vengono modificati per sembrare più familiari al pubblico italiano. Non parliamo poi di intere scene (come Lois che consiglia a Meg di abortire o Peter che balla di fronte a dei bambini malati), ritenute troppo forti per il pomeriggio televisivo.

4. The Big Bang Theory

Una delle sitcom più di successo degli ultimi anni, e sicuramente una delle serie più viste nel mondo, The Big Bang Theory ha attirato un interesse notevole anche da noi in tutto merito dei suoi personaggi fuori dalle righe, dei nerd simpatici e pieni di idiosincrasie che si producono però in dialoghi brillanti, ironici e spesso ossessivi. Anche in italiano la serie fa ridere, eppure a confrontarla con l’originale sembra di essere di fronte a due tipi di comicità molto diversi.

Il fatto che a sentirla in inglese The Big Bang Theory è una serie zeppa di riferimenti alla scienza, alla cultura pop, ma anche di doppi sensi di aulicismi fuori contesto. Questo si perde di molto nel doppiaggio italiano, dove spesso si prediligono i giochi di parole e la comicità più spiccia, per non parlare di vere e proprie semplificazioni:  “I have 212 friends on MySpace” diventa “Ho già 210 amici nel mio sito”, “Tuesday night, we played Klingon Boggle till 1:00 a.m.” è reso con “L’altro ieri a Risiko non hai vinto una partita fino alle 3 del mattino”, “They’re both curry-based cuisines. It would be gastronomically redundant” si trasforma in “Il curry impazza da quelle parti. Troppo fa venire la currite”, solo per citare esempi dai primissimi episodi. Insomma se l’avete visto in italiano probabilmente non avete idea di qual è la vera comicità di Big Bang Theory.

5. Sherlock

A volte non si tratta solo di traduzioni dei dialoghi o, diciamo così, di scelte artistiche. Un grande straniamento, per chi conosce la serie originale, viene quando si sente la versione italiana di Sherlock. La brillante serie britannica con protagonista Benedict Cumberbatch è sicuramente retta sulle spalle di un’interpretazione affilata, inquieta, imprevedibile. E molto di ciò lo fa la voce cavernosa, metallica e profonda di Cumberbatch, che non a caso è finito poi a fare il drago Smaug nella trilogia de Lo Hobbit. Perché allora la scelta di affidargli in italiano una voce più chiara e squillante, simile a quella del giovane Leonardo DiCaprio (senza nulla togliere al professionista che si è occupato di questo doppiaggio, Francesco Pezzulli)?

Cambiare la voce ai personaggi è ovviamente compito fondamentale del doppiaggio, ma in questo caso più che in altri si denota uno scollamento molto evidente rispetto alla vocalità originale, che fa perdere di conseguenza anche un tratto del carattere. Tralasciamo poi la difficoltà di reggere, in traduzione, un livello di scrittura complessa e multisfaccettata com’è quello di Gatiss e Moffat, gli autori di questa serie decisamente mind blowing.

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