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giovedì, Set 05

5G: Conte bis, atto primo. Scatta il golden power


Il governo esercita il golden power sui contratti di cinque compagnie di telecomunicazioni per lo sviluppo delle reti di quinta generazione

5G al Mobile world congress (foto: Wired)
5G al Mobile world congress (foto: Wired)

Le prime mosse del governo Conte bis attivano lo scudo sulle tecnologie 5G. Il consiglio dei ministri numero uno ha esercitato il golden power, i poteri speciali istituiti nel 2012 per proteggere aziende strategiche da acquirenti stranieri ed esteso a fine marzo alle reti di quinta generazione, su contratti e acquisti di cinque compagnie telefoniche: Vodafone, Tim, Fastweb, Linkem e Wind Tre. Una mossa in extremis, quella dell’esecutivo Movimento 5 Stelle-Partito democratico, visto che lunedì 9 settembre lo scudo introdotto dal decreto legge 22 dello scorso 25 marzo sarebbe scaduto. Questa, insomma, era l’ultima occasione per dire la propria sulle scelte degli operatori in merito alle forniture per il 5G. Specie quella dalla Cina, finite nel mirino degli Stati Uniti, che ha caldeggiato gli alleati europei a un giro di vite sulla tecnologia orientale.

E il verdetto è arrivato. Il neo-ministro dello Sviluppo economico (Mise), Stefano Patuanelli, ha esercitato il golden power su contratti per “l’acquisto di beni e servizi” da parte di Linkem, poi su un’operazione di Vodafone, sulle forniture di Huawei e Zte – i due campioni cinesi delle telecomunicazioni – rispettivamente a Wind Tre e Fastweb. Anche Tim è finita nel mirino della manovra. Osservati speciali sono “accordi conclusi prima del 26 marzo”, quindi prima dell’entrata in vigore del decreto sul golden power rafforzato, per “apparati e sistemi di comunicazione rispetto ai quali la tecnologia 5G può essere considerata una naturale evoluzione”.

Cosa prevede il golden power

Il nuovo golden power impone alle aziende di telecomunicazioni di notificare gli acquisti da aziende extra-europee per costruire le reti di 5G. Il governo ha l’ultima parola sui contratti: può accettarli in toto, bloccarli o imporre condizioni o prescrizioni. Come ha fatto, in questo caso, con Vodafone e Wind Tre, per esempio. Di fatto, l’obiettivo dello scudo è di monitorare tecnologie critiche come quelle di comunicazione, specie per il 5G, prima che siano installate.

Il timore degli operatori è che possa rallentare la corsa alle reti di quinta generazione, che vede l’Italia tra i paesi più avanzati in Europa. A luglio Thomas Miao, amministratore delegato di Huawei in ha chiesto “regole trasparenti e uguali per tutti. E un accorciamento dei tempi per il rilascio delle autorizzazioni, che passano attraverso il vaglio del Mise, chiamato a leggere le carte dei componenti da installare. Le regole, tuttavia, potrebbero presto cambiare. Il golden power così com’è stato scritto a marzo, senza legge di conversione, scade il 9 settembre. I poteri, tuttavia, non sembrano destinati a essere cancellati, ma saranno ripristinati sotto altra forma, per esempio attraverso il veicolo della legge sulla cybersecurity.

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