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sabato, Dic 28

7 libri per iniziare a pensare al 2020


Che anno sarà il 2020? Sette parole chiave (e altrettanti titoli) per prevederlo: viaggi e grand tour oltre muri e confini, manifesti femministi e new weird, dall’America di Trump all’Italia

La domanda, in queste date, sorge più che spontanea: come sarà questo 2020? A pochi passi dal nuovo temibile anno bisestile – nonché nel nuovo decennio – qui immaginiamo sette parole chiave di quello che ci aspetta dal 1° gennaio prossimo. Dopo aver consultato gli immancabili previsioni delle maggiori testate internazionali, e averli paragonati ad alcuni libri recenti o in uscita, abbiamo trovato alcuni libri da usare come oracoli del futuro prossimo.

Iniziamo – per motivi propiziatori – dall’Italia. Il 2020 sarà l’anno di Raffaello e di Federico Fellini, nei rispettivi anniversari (l’uno il cinquecentenario della morte, l’altro il centenario della nascita). Speriamo possano regalare un pizzico di grazia e bellezza a un paese come sempre in preda a scossoni politici appiattiti sul presente, e proviamo a farlo noi in prima persona con due libri legati ad altrettante parole: una è futuro, l’altra è radici.

Alla prima leghiamo un romanzo che è stato incoronato da molti il libro dell’anno che sta per concludersi: stiamo parlando de Il colibrì di Sandro Veronesi (La Nave di Teseo), racconto elegiaco e alto-borghese che attraversa la vita del medico oculista Marco Carrera e le sue diramazioni famigliari e sentimentali, dai genitori Probo e Letizia, all’amatissima figlia Adele, fino alla quasi sovrannaturale nipote Miraijin (significa l’uomo del futuro, benché lei sia donna), passando per l’innarrivabile amore di una vita Luisa Lattes –con la quale Carrera intrattiene un portentoso carteggio – e la moglie infedele Marina. Veronesi percorre senza far chiasso e con molta bellezza anni cruciali della storia italiana, dagli anni Settanta in poi, raccontando le sempre poco raccontate Firenze e Toscana, con una dovizia unica di dettagli e per contrappunti. Il romanzo è una poetica resa dei conti, mirabilmente orchestrata con salti temporali, come rampicando sull’albero genealogico dei Carrera, ma sempre con lo sguardo fisso dello stoico – ma anche dolente – Marco, detto il colibrì. E che come il piccolo animaletto si libra di fiore in fiore, dai suoi vizi e successi di gioventù (è un giocatore d’azzardo, ma anche un buon tennista e sciatore) alle incertezze della maturità (il matrimonio, in primis), ai lutti famigliari che si susseguono da cima a fondo (magistrale il capitolo del suicidio della sorella Irene), fino all’epilogo in cui “oramai la vita era andata come andata”, benché Carrera avrà l’idea – e qui non spoileriamo – di “migliorarla proprio alla fine”. Un romanzo che anche se pare tutto rivolto a un passato in dismissione, testamentario e nostalgico, contiene uno strano veleno, o meglio un dono importante, specie nella parte finale: l’ottimismo per il futuro, costi quel che costi, anche nell’Italia del 2020, nonostante tutto.

Il secondo è un libro apparentemente lontano all’oggi, ma che potrebbe insegnare a guardare all’Italia come a un punto di riferimento, e non a un eterno fanalino di coda. Si tratta del primo volume di Immagini dell’Italia di Pavel Muratov, uscito per Adelphi, e ha a che fare con la bellezza che possiamo trovare proprio nel Raffaello celebrato nel 2020, come una delle nostre vere radici da riscoprire: quelle che hanno modificato la mente e i sogni dei viaggiatori ed esuli in anche in tempi difficili come quelli di Muratov, consentendo radici altrui. Si parte da Venezia nel viaggio per estasi e immagini dello scrittore e storico dell’arte russo innamorato del Rinascimento italiano, e che con questo libro influenzerà decine di italomani a est, frequentando oltretutto figure come De Pisis e De Chirico nei primi anni Venti, trasferendosi lui a Roma. Il libro di Muratov è il libro dotto di viaggio e scoperta di un uomo che, tra incontri personali e riflessioni, racconterà il suo Grand Tour da Nord a Sud – in questo primo volume, da Venezia si passa a Firenze, fino alle città toscane – ma, come ben descritto nella prefazione al volume, scriverà non solo un libro su Bellini, Carpaccio, Tintoretto, Casanova, Masaccio o Donatello, muovendosi tra i salotti veneziani e la scalinate di San Miniato a Firenze (pretesti adatti per rievocare e raccontare altre storie, aneddoti e autori in modo erudito ma piacevole), ma anche “un libro destinato a un pubblico di esuli, un libro che parlava di una patria acquisita e di una perduta, di giorni felici trascorsi per sempre, come se calcasse le orme di Dante, guardando all’indietro”. Aleggia sul saggio infatti che tutta questa bellezza e felicità incontrate in Italia sia fragilmente minacciata dalla storia del Novecento che stava per iniziare. In mezzo al populismo e alla xenofobia striscianti, queste sono le radici che vorremmo davvero difendere – le radici del colibrì, potremmo dire, riprendendo Veronesi.

L’uomo del futuro, o almeno di questo 2020, sarà ancora femmina come nel romanzo di Veronesi? Nel centenario della nascita dell’icona Clarice Lispector, il movimento femminista globale, espressosi in libri, azioni e rivendicazioni creative dal Cile agli Stati Uniti, dovrà chissà politicamente organizzarsi oltre che immaginarsi. Un po’ di studio storico farà al caso, e potremmo segnalare tra i volumi in uscita l’interessante Burn it Down! (sottotitolo: “Manifesti femministi per la rivoluzione”) pubblicato dall’editore Verso. Uscirà a gennaio, curato da Breanne Fahs, e raccoglierà il meglio dei manifesti femministi di tutte le epoche, tra i quali spicca anche lo storico Manifesto futurista della Lussuria di Valentine de Saint-Point del 1913 (“DISTRUGGIAMO I SINISTRI STRACCI ROMANTICI, margherite sfogliate, duetti sotto la luna, tenerezze pesanti, falsi pudori ipocriti”… vi si legge) oppure il manifesto punk delle Riot Grrrl scritto dalla band iconica delle Bikini Kill o anche la Ley Revolucionaria de Mujeres delle donne del movimento zapatista messicano.

Il 31 gennaio è vicino: è la data della definitiva separazione del Regno Unito dall’Unione Europea, del compimento dell’incubo di Brexit. Su questa esiziale transizione uscirà l’ultimo capitolo dello straordinario quartetto stagionale di Ali Smith, e si intitolerà Summer. In sfalsati di un semestre o più, sono usciti per Sur edizioni i precedenti, ma in primavera uscirà appunto Primavera. Forse il capitolo più complesso, benché pieno di speranza. Ci sono certamente le ombre che funestano due dei protagonisti di questa vorticosa camera di echi che il romanzo corale della Smith: in primis il regista Richard Lease che ha appena visto morire una sua amica e collaboratrice ed è pieno di rimorso, e Brittany Hall, o Brit, che lavora in un centro di detenzione migranti cosciente di quello che sta facendo, di terribile. Ma c’è anche la magica Florence Smith che potremmo chiamare la liberatrice (libera detenuti e prostitute ragazze) e ha, pare, poteri sovrannaturali. Ma ci sono anche i feticci letterari di sempre della Smith, dalla Mansfield a Shakespeare, ma anche Chaplin e Rilke, che aleggiano e ritornano nel romanzo, mescolati alle notizie, ai politici locali, ai proclami stolidi, dando un po’ di luce primaverile all’oscurità dei tempi.

Il 3 novembre 2020 sarà invece la data delle elezioni presidenziali americane, ratifica di un certo populismo al potere o revanche di un Partito democratico americano nel dubbio amletico della moderazione o della rivoluzione socialista. Questa è l’America di Francesco Costa uscirà per Mondadori a fine gennaio, e potrebbe essere un’utile bussola per non dire castronerie nei confronti di una nazione-mondo che ci ammaliati o delusi a seconda del vento. Costa, uno dei maggiori esperti d’America degli ultimi anni e vicedirettore del Post, con questo saggio vuole a quanto pare raccontare un popolo, quello americano, sicuramente fonte di tanti pregiudizi: “Ci sono pochi posti nel mondo dove il divario tra quello che crediamo di sapere e quello che sappiamo è tanto ampio quanto nel caso degli Stati Uniti”, si legge subito in quarta.

L’eventuale vittoria di Trump – che alcuni si aspettano altri no – peserebbe, tra le altre cose, come una spada di Damocle sulla crisi migratori alla frontiera con il Messico. Molti libri e saggi sono stati scritti, anche segnalati su queste pagine sul tema migratorio, e non possiamo pensare che il prossimo anno porti a cieli sereni. In momenti di paletti e frontiere che si rialzano – anche nell’Est Europa – potremmo raccontare questa nostra condizione di transito con Visa Transit di Nicolas de Crécy, uscito per Eris edizioni: è una graphic novel che parla del piacere e della difficoltà di muoversi tra confini che ti richiedono ogni volta di affermare e soppesare la propria identità attraverso visti e passaporti. È il racconto di un’estate particolare, quella del 1986 (è appena accaduto il disastro di Chernobyl), e di un viaggio compiuto con il cugino dallo stesso autore, a bordo di una piccola auto, nell’attraversare il Nord la Jugoslavia, la Bulgaria per arrivare in Turchia, in compagnia della loro biblioteca sul sedile posteriore. Un senso di minaccia aleggia attorno alla poesia del paesaggio di questo road movie che parte dal confine francese e racconta dei vecchi muri dell’Europa degli anni Ottanta, ma in qualche modo racconta anche dell’oggi.

E come affronteremo la certezza di nuove mutazioni e disastri ecologici causati dal cambiamento climatico, sempre più pressanti anche per l’indecisione dei nostri governanti? Potremmo concludere con una parola, sorpresa, che racchiude in sé il terrore del nuovo e una certa speranza che qualcosa arrivi a rischiarare il buio della specie e della natura. Pieni di sorpresa per il lettore sono i libri weird di Jeff VanderMeer, l’autore per intenderci di Borne e della Trilogia dell’Area X, vero e proprio guru della science fiction distopica di questi tempi. È uscito da poche settimane il suo ultimo romanzo, Dead Astronauts. Ci troviamo di fronte a un nuovo multiverso come sempre metamorfico, dove natura e umano confliggono e si completano a vicenda in una dimensione post-umana e post-climatica.

Grayson, Moss and Chen, tre astronauti (ma anche tre sabotatori, tre esseri con poteri sovrannaturali, che possono cambiare forma e gender, o fondersi con l’ambiente), si mettono in cammino nella Città alla ricerca di una fantomatica Compagnia, cattedrale abbandonata e impresa di bioingegneria che tuttavia pare ancora funzionare producendo all’infinito mostruosi segreti, in mezzo a quella terra desolata e frammentata per forma, tempo e spazio pieno di orrore. Dove come essere mitologici emergono animali guida, come una volpe blu, un gigantesco pesce imprigionato in una vasca, un terribile e violento uccello nero (“l’anatra dall’ala spezzata”) creato dal mad professor Charlie X per diffondere distruzione e dolore. Ma anche, inaspettatamente, troviamo nel libro di Jeff VanderMeer, empatia e di amore. “Cosa sopravviverà di noi sarà l’amore”, si dicono i tre astronauti, in un libro che porta il lettore verso un’esperienza di gioioso caos.

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