Nove Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo. Da una settimana l’Italia affronta un’ondata di caldo senza precedenti. Temperature che superano i 36 gradi centigradi, con picchi di 40 gradi soprattutto nelle regioni meridionali, hanno spinto nove amministrazioni regionali a emanare ordinanze che sospendono il lavoro all’aperto durante le ore più critiche della giornata. Questi interventi, rivolti principalmente ai settori agricolo, edilizio e delle cave, prevedono la sospensione delle attività all’aperto nelle ore più calde per prevenire infortuni e malori durante ondate di calore. Tuttavia, la frammentazione degli interventi a livello regionale mette in evidenza l’assenza di una strategia coordinata a livello nazionale, a differenza di paesi come Spagna e Grecia, che hanno introdotto divieti nazionali per il lavoro all’aperto nei periodi di caldo intenso.
Le nove Regioni che hanno fatto ordinanze anti-caldo
Lazio, Umbria, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Toscana, Campania, Sardegna e Puglia hanno già reso operative le proprie disposizioni di emergenza. Le ordinanze, pur presentando leggere differenze nella durata e nell’ambito di applicazione, condividono un nucleo comune: la sospensione obbligatoria del lavoro all’aperto dalle 12:30 alle 16 nei giorni classificati come ad alto rischio termico. Il periodo di validità si estende fino al 31 agosto, coprendo quindi l’intera fase estiva più critica dal punto di vista delle temperature.
Negli ultimi giorni, altre amministrazioni regionali hanno preparato provvedimenti analoghi pronti a entrare in vigore. La Lombardia, inizialmente restia all’adozione di misure vincolanti, ha modificato la propria posizione dopo una serie di incontri con le organizzazioni sindacali. L’ordinanza lombarda, entrata in vigore il primo luglio, mantiene le stesse modalità di sospensione del Lazio ma estende la durata fino al 15 settembre. Anche l’Emilia-Romagna ha predisposto un’ordinanza con caratteristiche simili, aggiungendo però un elemento distintivo: l’estensione delle misure protettive anche ai lavoratori impiegati sui piazzali della logistica.
Diverso l’approccio adottato da Marche, Friuli Venezia Giulia, Molise, Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto e Trentino-Alto Adige. Queste regioni hanno scelto di non introdurre regole puntuali e vincolanti, limitandosi a suggerire misure di prevenzione alle aziende. Le raccomandazioni includono la revisione degli orari di lavoro, l’aumento delle pause in zone ombreggiate, una maggiore distribuzione di acqua e la riorganizzazione dei turni per prevedere interruzioni più frequenti.
Il sistema di monitoraggio Worklimate 2.0
In Italia, il sito di riferimento per valutare se una giornata presenta condizioni di alto rischio termico per i lavoratori è Worklimate 2.0, sviluppato dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Inail (l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) nell’ambito di un progetto scientifico che studia l’impatto dello stress termico ambientale sui lavoratori. La piattaforma si basa sull’indice Wbgt (Wet bulb globe temperature), uno standard riconosciuto a livello internazionale per la valutazione del rischio da calore, ideato negli anni Cinquanta per monitorare lo stress termico nei campi di addestramento militari statunitensi.