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La fortezza è un vallo in progressiva e mutevole rovina, il deserto un paesaggio alieno costellato di rocce scolpite da un’erosione impossibile. Solo i soldati sono riconoscibili: umani nei loro difetti, nelle loro meschine rivalità, nella loro incapacità di afferrare il destino tra le mani, lasciandolo scorrere via insieme al tempo inesorabile. Il deserto dei Tartari, uno dei più celebri romanzi del maestro del “realismo magico” Dino Buzzati, diventa una graphic novel firmata dai veterani Michele Medda (sceneggiatore, co-creatore di Nathan Never), e Pasquale Frisenda (disegnatore, che mette qui in campo la sua esperienza su Tex e Ken Parker, con qualche suggestione anche da Dylan Dog), edita da Sergio Bonelli Editore.

Copyright Sergio Bonelli Editore

Copyright: Sergio Bonelli Editore

L’opera racconta la vita di Giovanni Drogo, stanziato come sottotenente presso la fortezza Bastiani, la più remota e isolata dell’Impero. Il deserto dei tartari è il romanzo dell’attesa: l’attesa, vana, del nemico, mentre la vita passa, e con essa passano le opportunità offerte dall’amore, dal lavoro, per chi non è in grado di riconoscerle e cogliere l’attimo. E che beffarda ironia se, alla fine, il nemico si presentasse solo quando è troppo tardi anche solo per vederlo arrivare.

La trasposizione rende giustizia al romanzo originale, il che è già un vanto di per sé; ma soprattutto giustifica il medium stesso scelto, quello del fumetto, dando la giusta importanza all’aspetto visivo dell’opera. Le atmosfere irreali e sfumate del romanzo assumono concretezza nelle tavole in sfumature di grigio illustrate da Frisenda.

Copyright Sergio Bonelli Editore

Copyright: Sergio Bonelli Editore

Ma oltre allo studio dei personaggi, alla ricostruzione di uniforme e armi, il mondo in cui si muovono Giovanni e gli altri soldati è il vero protagonista. Un paesaggio metaforico, come si confà al romanzo, che Medda e Frisenda riempiono di immagini e messaggi nascosti, che starà al lettore cogliere e apprezzare. Dalla costante presenza di orologi e clessidre, rotti o meno, alle rovine che emergono dal deserto recando con sé statue di Ozymandias e graffiti come shomèr ma mi-llailah, sino ai volti nascosti tra i rami degli alberi, questa è una graphic novel che invita l’occhio a soffermarsi sulle singole vignette, ricompensando l’attenzione al dettaglio.

Si può immaginare, insomma, che Buzzati non sarebbe dispiaciuto da questa reinterpretazione del suo classico. Anche perché lo stesso autore veneto – giornalista, poeta, pittore, oltre che romanziere – ha sempre avuto un rapporto diretto con il mondo del fumetto. Era un lettore assiduo di Diabolik, e un estimatore dei personaggi disneyani, la cui statura umana, come dichiarò egli stesso, non gli pareva inferiore a quella dei famosi personaggi di Molière, Goldoni, Balzac o Dickens.



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