Le elezioni nazionali in Sudafrica, in programma mercoledì 29 maggio, potrebbero determinare uno dei maggiori cambiamenti dalla fine del sistema di apartheid, trent’anni fa. Il presidente uscente Cyril Ramaphosa e il suo partito, l’African national congress (Anc), stanno lottando per mantenere la loro maggioranza parlamentare, ma diversi sondaggi hanno indicato che il sostegno al partito è inferiore al 50% in vista delle elezioni.
Ciò non significa automaticamente che l’Anc, in difficoltà, possa restare fuori dal potere per la prima volta da trent’anni: nonostante questa formazione politica socialdemocratica, un tempo guidata da Nelson Mandela, premio Nobel per la pace avvocato, attivista contro la segregazione razziale e l’apartheid e presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999, abbia visto un calo della sua popolarità, nessuno è emerso con forza per sostituirla. Si prevede che l’Anc possa ottenere ancora molti voti, ma senza una maggioranza assoluta: dovrà formare una coalizione per rimanere al governo e confermare Ramaphosa per un secondo e ultimo mandato come presidente.
In campagna elettorale, è parso evidente che disoccupazione e povertà siano le questioni più urgenti per la maggior parte della popolazione. Sebbene il Sudafrica sia considerato il paese più avanzato del continente, le sue contraddizioni sono evidenti. Ha un tasso di disoccupazione del 32% e più della metà dei sudafricani vive in povertà, secondo la Banca Mondiale. Ciò ha alimentato gran parte del malcontento poiché milioni di cittadini sentono che l’Anc non abbia migliorato sufficientemente le loro vite dalla fine dell’apartheid. Altre questioni elettorali importanti che spingono gli elettori lontano dall’Anc sono l’alto tasso di criminalità, i numerosi scandali di corruzione, il fallimento di alcuni servizi pubblici di base e una crisi all’interno del fornitore statale di elettricità che ha portato a blackout nazionali a intervalli regolari per conservare energia.
Chi sono i protagonisti
L’election day è in programma per mercoledì 29 maggio e i cittadini voteranno in tutte le nove province sudafricane: i risultati sono attesi entro pochi giorni. I sudafricani non votano direttamente per il loro presidente, ma decidono la composizione del parlamento, chiamato Assemblea nazionale. I quattrocento membri dell’assemblea eleggono quindi il presidente, il che significa che il partito con la maggioranza sceglie il capo di stato.
A farlo è sempre stato l’Anc dal primo voto post-apartheid del 1994, che vide Mandela diventare il primo presidente sudafricano non bianco a ricoprire tale carica all’interno del paese, ma questa volta potrebbe essere costretto a raggiungere accordi con altri partiti per ottenere i 201 voti necessari per rieleggere Ramaphosa e formare un governo. Ci sono più di cinquanta partiti politici registrati per le elezioni nazionali sudafricane, il numero più alto di sempre, e per la prima volta sono ammessi anche i candidati indipendenti. La principale opposizione all’Anc è l’Alleanza democratica (Da), un partito centrista. Ha stipulato un accordo con alcuni movimenti minori nella speranza che il loro peso combinato possa estromettere l’Anc, ma sembra improbabile. I Combattenti per la libertà economica (Eff), di estrema sinistra, sono la terza forza, guidati da Julius Malema, un ex leader giovanile dell’Anc.
La Da ha ottenuto circa il 20% nell’ultimo voto nazionale e l’Eff il 10%, rispetto al 57,5% dell’Anc. Nessuno dei partiti di opposizione sembra aver aumentato significativamente la propria popolarità. Ciò è dovuto in gran parte alle dozzine di altri partiti, molti dei quali nuovi, che hanno catturato piccole quote. Tra i nuovi partiti, il Partito Mk o uMkhonto weSizwe (che significa “Lancia della nazione”) ha attirato maggiormente l’attenzione perché è guidato dall’ex presidente sudafricano Jacob Zuma, che ha voltato le spalle all’Anc. Zuma è stato squalificato dalla candidatura al parlamento ma può ancora fare campagna per il suo partito.