Fondata da Robert Shinn, la 7M Films.Inc, citando dal suo sito web ufficiale, rappresenta “alcuni dei migliori influencer al mondo”. Il documentario approfondisce proprio la figura di Shinn (che è anche pastore di una chiesa a Los Angeles, la Shekinah Church), e indaga anche sulle denunce presentate da ex dipendenti e membri dell’organizzazione sul suo comportamento di controllo verso gli iscritti, costretti a girare video e balletti pensati esclusivamente per ottenere seguaci e guadagni dagli sponsor.
Melanie, sorella di Miranda, e i suoi genitori Kelly e Dean, raccontano di aver sospettato sin dall’inizio che la ragazza fosse sfruttata e manipolata dall’agenzia. Nel trailer della serie Netflix, la famiglia dice di essere stata “bloccata su tutto” e che ora “non può contattare la figlia”. E Melanie, con la quale Miranda girava i video su TikTok, ha detto di essere preoccupata e di non avere più contatti costanti con lei.
Miranda e suo marito, anche lui coinvolto con l’agenzia di talent, hanno insistito pubblicamente sul fatto di non far parte di una setta e, in una dichiarazione rilasciata al Daily Mail, un rappresentante della 7M Films e di Shinn ha affermato: “Le false e sensazionali accuse sulla 7M derivano direttamente da una disputa tra la ballerina Miranda Derrick e la sua famiglia”.
Derek Doneen, il regista del documentario ha parlato di invece di come Dancing for the Devil sia utile per chiarire l’impatto del comportamento e del coinvolgimento nelle sette e su quanto possa essere facile esserne “risucchiati”. “Penso che il pubblico rimarrà sorpreso dalla facilità con cui persone normali possono essere risucchiate da gruppi simili e e da quanto devastante possa essere l’impatto su famiglie, amici e comunità”, ha dichiarato Doneen. “Sono in debito con le famiglie che ci hanno fatto entrare nelle loro vite mentre lavoravano instancabilmente per salvare i loro cari”.