The Boys fallisce nell’integrare nuovi personaggi interessanti, ma resta uno show decisamente corale. Soffre nella dispersione in una miriade di sottotrame che possono essere entusiasmanti o totalmente prive di appeal, a seconda del personaggio. Impossibile capitalizzarle tutte, a causa della sovrabbondanza di personaggi. Le linee narrative di Frenchie e Kimiko sono ancora intriganti perché le sofferenze provocate dai loro demoni personali (chi non ne ha?) continuano a farci sentire coinvolti, e ci fanno desiderare per loro una risoluzione, ma… a chi può mai interessare degli attacchi di panico da leadership di MM o delle insicurezze croniche di Hughie? Grazie a Billy viene introdotto il nuovo personaggio interpretato da Jeffrey Dean Morgan (no, almeno nei primi sei episodi della stagione il nostro sogno di vedere Jensen Ackles nei panni di Soldatino interagire con il collega di Supernatural non si realizza), nei panni di Joe, una vecchia conoscenza di Butcher.
Jasper Savage
La sua missione è fare l’avvocato del diavolo e trascinare Butcher verso il suo lato più oscuro ma, considerate le enormi aspettative per la partecipazione dell’attore in qualità di ospite di stagione, il suo ruolo (fin troppo somigliante nelle circostanze a quello di Denny Duquette nella quinta stagione di Grey’s Anatomy), è sottotono e un po’ deludente. L’arco narrativo, in termine di percorso personale, più solido e valido si riconferma quello di Patriota, che grazie alla sceneggiatura e alla performance illuminata di Antony Starr si attesta come il più potente e meglio sviluppato dello show. Tramite alcuni flashback offre una superba analisi psicologica di un villain che ha buone ragioni per essere diventato uno sociopatico, mentre attraverso il rapporto col figlio esplora, con piglio naturalistico, le influenze di “race, milieu, moment” sullo sviluppo individuale. Sia lui cheThe Boys hanno ancora molto da offrire.
