Con 5 candidati pro-regime e uno solo riformista, “messo per far sembrare ci sia la possibilità di scegliere diverse opzioni”, le prossime elezioni iraniane non sono vere elezioni, secondo Taghi Rachmani, “il giornalista più incarcerato del mondo”. Dal palco del Wired Next Fest 2024 di Milano chiede ai media internazionali di “prestare attenzione a questo aspetto. Oggi nessun iraniano pensa che votando si arrivi alla democrazia. Quelli che votano lo fanno solo perché sperano che la loro situazione economica migliori ma non possono essere elezioni vere quelle che si svolgeranno in un Paese come il nostro, in cui ci sono forti discriminazioni di genere, di razza e anche religiose”.
Rachmani ricorda l’impegno della moglie Narges Mohammadi, premio Nobel per la Pace nel 2023 e in carcere dal 2016, nel far conoscere la situazione dell’Iran nel mondo e nel chiedere ci sia il riconoscimento da parte della comunità internazionale della violazione dei diritti umani in atto. Non c’è, secondo Rachmani, e intanto la repressione nei confronti di chi come Mohammadi porta avanti la voce della resistenza delle donne iraniane, non fa che aumentare.
“La repubblica islamica, attraverso il velo, vuole esercitare il suo potere sull’intera vita delle donne. Lo usa come strumento di repressione, ma ha solo fatto in modo che la loro resistenza aumentasse. È una resistenza continuativa, la loro, ma non ci sono in Iran delle organizzazioni potenti che oggi possano combattere questo regime” racconta Rachmani.
Dal palco parla con forte coinvolgimento e dedica molto spazio al racconto della lotta portata avanti dalla moglie e della “tortura bianca” da lei descritta anche nel libro pubblicato in Italia con il titolo “Più ci rinchiudono, più diventiamo forti” (Mondadori). Si tratta di una cella di isolamento, “grande come una tomba, in cui si può incontrare solo agenti che obbligano gli attivisti a confessare cose mai fatte, per poi poterli condannare a morte. Narges lo ha vissuto in prima persona, e ha voluto far conoscere questa situazione a tutto il mondo” spiega Rachmani. Lo fanno anche i figli, che da 17 anni non la vedono e da due e 1 mese non le possono neanche parlare al telefono, “ma resistono perché sono diventati voce delle istanze del popolo italiano, assieme a tanti altri giovani come loro”.



