In un’industria in cui creare videogiochi è sempre più un processo estremamente lungo, complesso e costoso, le varie compagnie tentano in ogni modo di massimizzare i guadagni per rientrare dei pesanti costi di produzione. Uno dei primi metodi per riuscire a rendere remunerativi i giochi oltre il loro prezzo di acquisto sono stati i downloadable content, o dlc, contenuti aggiuntivi ancora oggi molto presenti nello scenario globale. I dlc sono una tendenza che si è diffusa nel mondo dei videogiochi soprattutto intorno a fine anni 2000 e che da allora non si è più fermata, anzi, si è ampliata assumendo sempre nuove forme e sperimentando con sempre nuovi tipi di contenuti da vendere all’utenza dopo il lancio.
Come sempre, però, il male non sta nello strumento, ma in come questo viene usato e lo stesso vale anche per i dlc. Se una skin per un personaggio venduta a oltre 15-20 euro è una follia, in un periodo in cui tutto viene comunque venduto a prezzi sempre troppo alti, l’arrivo di Elden Ring: Shadow of the Erdtree sembra troppo bello per essere vero. L’espansione dell’acclamato titolo di From Software è infatti grande quanto un gioco completo, ma, per i contenuti che offre, il suo prezzo è irrisorio.
L’evoluzione dei dlc tra bene e male
I dlc come li conosciamo oggi sono in realtà figli dell’era digitale, frutto dell’ampia diffusione delle connessioni veloci, sempre più presenti nel mondo, ma i contenuti aggiuntivi esistevano per i videogiochi già negli anni ’90. A quell’epoca per molti titoli uscivano delle espansioni che a volte erano grandi quasi quanto il gioco completo ed erano vendute in un cd (o dvd) a parte, come se davvero si trattasse di un titolo completamente nuovo. Ricordiamo per esempio i livelli che furono aggiunti a sparatutto come Quake 2 o Half Life, che introducevano anche nuove armi e nemici e boss inediti. Anche Baldur’s Gate 2 aveva ricevuto due espansioni, molto importanti anche ai fini della trama, ma di esempi simili ne potremmo fare molti altri.
L’inizio del cambiamento arrivò poi nell’epoca PlayStation 3 e Xbox 360, per le quali, grazie alle connessioni più potenti, si poterono iniziare a vendere i giochi direttamente in digitale: per i giocatori era dunque possibile aggiungere ai titoli parti extra semplicemente scaricandoli, senza bisogno di un formato fisico. Questa nuova fonte di guadagno portò però a un periodo di sfruttamento selvaggio, durante il quale persino i finali dei giochi venivano venduti come extra. Tutti si ricordano per esempio i casi del remake di Prince of Persia del 2008 o dell’action in stile anime giapponese Asura’s Wrath di Capcom, due titoli il cui vero finale era contenuto in dlc che andavano comprati separatamente.