Lo scorso autunno la mitica regina del country americano Dolly Parton si è esibita durante la seguitissima partita del Thanksgiving giocata dai Dallas Cowboys, fasciata in un micro-completino bianco e blu. Per chiunque nel mondo quello era l’ennesimo outfit bizzarro di una cantante che ci ha sempre abituato a look stravaganti e succinti, e che non vuole certo smettere neanche a 78 anni. Per gli americani, invece, quello era un omaggio ben preciso alla divisa delle Dallas Cowboys Cheerleaders, una delle più storiche e riconosciute squadre di cheerleader della Nfl. Celebri per il loro costumino striminzito con le stelle blu, per i calci sparati in aria e per le coreografie su canzoni cult come Thunderstruck, le DCC sono un’istituzione veneratissima e inarrivabile. E ora sono protagoniste di una docuserie Netflix al contempo avvincente e preoccupante che s’intitola America’s Sweethearts: Dallas Cowboys Cheerleaders.
Queste cheerleader occupano davvero uno spazio piuttosto iconico nell’immaginario a stelle e strisce, tanto che sono da sempre apparse sullo schermo: in dei cameo in serie come Love Boat, in un film del 1979 con Jane Seymour che s’intitolava proprio The Dallas Cowboys Cheerleaders e poi in un reality che è andato in onda per 16 stagioni sul canale americano CMT (che sta, non a caso, per Country Music Television). In quel Dallas Cowboys Cheerleaders: Making the Team venivano seguite proprio le durissime selezioni che portano a determinare qual è la squadra definitiva che rappresenta la squadra per tutto il corso della stagione sportiva. La particolarità, infatti, è che sulle centinaia e centinaia di candidature ricevute ogni anno, la direttrice Kelli Finglass e la coreografa Judy Trammell (anche loro un tempo cheerleader) devono selezionare solo 36 atlete, pescando anche tra le veterane, che dunque vedono il loro destino rimesso in gioco ogni anno.
Nella sua evoluzione su Netflix America’s Sweethearts va in qualche modo ancora più in profondità: segue infatti nei primi episodi le stesse, durissime selezioni, ma poi segue le fortunate prescelte per tutto il corso della stagione, aggiungendo diversi livelli di comprensione a quello che è apparentemente un dream job ambitissimo e al contempo un incubo di sforzo, sfinimento e omologazione. I sette episodi della docuserie sono un po’ altalenanti, alcuni più interessanti altri un po’ riempitivi, ma rendono abbastanza bene la realtà di una selezione spietata e di uno standard atletico che è davvero altissimo. La controparte è però il racconto delle vite e dei sogni di tantissime giovani americane, a volte intrappolate in un caratteristica monodimensionale (la loro dedizione assoluta per diventare una DCC), altre piene di sfumature (una fa l’odontoiatra, un’altra è in una specie di competizione psicologica con la sorella ex cheerleader, un’altra ancora è fanatica di Gesù Cristo).