Le location irlandesi forniscono uno sfondo suggestivo, aspro e brullo, creando la sensazione di trovarsi in balia degli elementi in un luogo lontano dalla civiltà. Non solo esteticamente, anche i suoni, i rumori e la loro assenza, echi di un’isola selvaggia e ostile, sono dosati per aumentare il senso di solitudine, abbandono e timore. Friel ha una buona padronanza dello strumento della tensione, sa evocare sensazioni come l’inquietudine, il sospetto, la diffidenza. Lo spettatore vive le esperienze e la paranoia di Anna (Erin Kellyman di Willow, Solo: A Star Wars Story), che, dopo essersi risvegliata da un incidente, viene accudita dalla gentile e più attempata vicina di casa Helen (Maxine Peake) e dal marito James (Ivanno Jeremiah). È incinta di un marito che il suo corpo rifiuta, come se oltre ai ricordi avesse perso anche la memoria “fisica” della loro intimità. Non solo Anna non conosce il proprio passato, ma l’atteggiamento di chiunque circonda lascia intuire bugie e segreti. Che sia finita nelle mani di una setta alla Rosemary’s Baby, che sia una visionaria paranoica? Qualsiasi eventualità è allarmante.




