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A questo punto, meglio fare chiarezza: che il tempo scorra più o meno lentamente non significa che qualcuno che si muove ad altissima velocità, magari su un’astronave, si troverebbe a sperimentare lo scorrere del tempo in modo diverso dal normale; per chi si trova all’interno del sistema in movimento il tempo scorrerà come sempre, ma un orologio atomico all’interno della nostra ipotetica astronave una volta confrontato con uno posto all’esterno segnerà un tempo differente. Questi effetti della dilatazione temporale ci sono ovunque, persino all’interno dell’atmosfera terrestre (in cima all’Everest ci si trova più lontani dal centro della Terra rispetto alla superficie, e ci si muove a velocità leggermente superiore), ma diventano apprezzabili solo quando ci si allontana dal nostro pianeta, andando ad esempio sulla Luna.

Il tempo lunare

Perché è importante poter calcolare con precisione lo scorrere del tempo sulla Luna? È presto detto: nei prossimi anni sono previste moltissime missioni lunari da parte di tutte le agenzie spaziali del nostro pianeta, e senza un fuso orario lunare preciso al nanosecondo, sarà molto difficile coordinare atterraggi e partenze, operazioni congiunte, e in generale orientarsi con la precisione necessaria nel complesso ambiente lunare, fatto di dune, burroni e pareti scoscese. Una su tutte, i sistemi di navigazione come il Gps hanno bisogno di poter calcolare la dilatazione del tempo prevista dalla relatività di Einstein con la massima precisione per poter funzionare correttamente.

Il Gps è infatti basato sulla ricezione del segnale inviato da quattro satelliti che trasmettono costantemente. Il ricevitore deve calcolare il leggerissimo ritardo con cui il segnale dei satelliti lo raggiunge, che è una funzione della distanza che percorre, e con questo, la posizione relativa dei satelliti in orbita, da cui poi estrapola la propria. Per riuscirci, tutti i dispositivi Gps sono dotati di algoritmi che tengono conto della dilatazione temporale a cui sono soggetti i satelliti per via della velocità a cui viaggiano in orbita, senza i quali anche questo piccolissimo scarto temporale produrrebbe una localizzazione talmente imprecisa da rendere inutilizzabile l’intero sistema. Per fare lo stesso sulla Luna, come previsto ad esempio dal progetto Moonlight che vede impegnate Esa e Nasa, serviranno non solo satelliti dedicati in orbita lunare, ma anche la capacità di calcolare la nanosecondo la dilatazione temporale sulla Luna, e lo scarto che esiste con il tempo terrestre.

Il nuovo studio

La nuova ricerca, pubblicata per ora in pre-print, rientra nel mandato che è stato consegnato alla Nasa dalla Casa Bianca negli scorsi mesi: progettare un fuso orario lunare, o Coordinated Lunar Time (LTC), entro il 2026, per poterlo usare durante le prossime missioni umane sul satellite, e convincere le altre potenze spaziali ad adottarlo, in modo da avere un accordo internazionale che guidi le attività di esplorazione e di sfruttamento della Luna nei prossimi decenni. Con questo obbiettivo in mente, calcolare lo scarto temporale tra tempo lunare e tempo terrestre è fondamentale, ed è quello che si sono messi in testa di fare al Jet Propulsion Laboratory della Nasa.



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