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Anche per questo ricevere una diagnosi di cancro al seno a 32 anni mi ha colpita come un autobus dritta in faccia e ne sono uscita meno bene di Regina George. Quante cose ho ancora da fare? Li vedrò mai gli Stati Uniti e il Giappone? Vedrò realizzato quello o questo progetto che tengo sul desktop per ricordarmelo ogni giorno? In poche parole, ce la farò, davvero?

Il meglio del peggio

Non sto parlando solo di curarmi, di guarire. Cosa resterà di me, dei sogni che cercavo di raggiungere quando tutto sarà finito? La chemio me li avrà fatti perdere come i capelli e la voglia di mangiare? Si saranno protetti? Schermati in qualche modo? Essere malati dove non ti conosce nessuno è molto più semplice. Lontano da casa, dal passato, nessuno sa veramente che cosa ti ha portato via la diagnosi, come ti hanno cambiato le cure e ti senti meno sotto attacco.

Se prima le schivavo le rimpatriate, ora le odio. Sui social tutto può essere mistificato e si possono mostrare solo le cose belle anche dell’esperienza peggiore della nostra vita. Per questo, la prima volta che sono tornata al mio paese portando con me una macchina carica di roba, il mio gatto e il mio cancro, ho indossato la parrucca e ho avuto una crisi di panico davanti al bar in cui pensavo di poter incontrare persone della mia età e sapete perché? È orribile ma io non volevo che mi vedessero, capissero che sono malata e pensassero che la loro vita sia migliore della mia. Come se fare del nostro meglio per esistere fosse una sorta di gara, come se questo nodulo annullasse tutto il mio percorso di emancipazione, le mie fatiche, i miei piccoli successi.

Il cancro ci porta via tante cose. In primis, tutte le nostre certezze. Io ero convinta che tornare a casa fosse sempre una competizione con chi aveva fatto parte di un tratto della mia vita e, magari, in quella condivisione ci eravamo pure mal sopportati o fatti del male, che tutti siamo rimasti i ragazzini delle medie con la presa in giro e il giudizio facile. Arrivavo con l’esigenza di mostrare di essere migliore e migliorata. Nessuno di noi è la persona che era dieci anni fa, dieci ore fa, dieci secondi fa, ma qualcosa resta.

Non so cosa sia, forse, il sorriso di una ragazza che fa parte del tuo passato, dietro al bancone di una festa di paese che ti scorge, guarda per un attimo in più la tua testa rasata e, appena ti riconosce, dice solo: Sono proprio felice che sei qui e lo pensa davvero, senza giudizi.

Una nota dell’autrice

Il cancro non è uguale per tutti. La malattia di ciascuno è unica, sia per motivi biologici
e medici che perché ognuno di noi la affronta in un diverso momento della vita. Ciò
che scrivo è frutto della mia personale esperienza. Non vuole dare una visione totale e
totalizzante sulla malattia oncologica o insegnare come affrontarla.



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