Seleziona una pagina


Intanto, la famiglia vive in un quartiere bene, con vicini di casa snob con i quali l’ormai timido Gru non riesce a integrarsi (ma non era un cattivo dal fare elitario? Non dovrebbe trovarsi bene tra queste persone?). E come se non bastasse, c’è la novità di un bambino, un neonato. Quello che fa Cattivissimo me 4 ha un nome: sitcom familiare, ovvero quel tipo di programmi in cui vengono raccontate le avventure di una famiglia attraverso strutture ripetitive e con un umorismo che punta a far ridere prendendo in giro proprio le dinamiche delle famiglie, così che il pubblico di riferimento si identifichi e rida di ciò che accade un po’ a tutti.

Funziona allo stesso modo anche la serie Hotel Transylvania, per esempio, ma almeno lì c’è molta voglia di fare animazione, di inventare dinamiche nuove e creare personaggi visivamente accattivanti e il livello di lettura della sit-com familiare è solo il primo. In Cattivissimo me 4, no (ma il secondo e il terzo non è che fossero diversi). Il livello di lettura è unico: quello del volersi sempre bene come valore supremo, degli underdog che faticano a inserirsi ma poi devono salvare tutti, degli affetti più cari da cui non separarsi mai, e via elencando banalità.

È un cartone per bambini, certo, ma ciò che è condannabile è che è un brutto cartone per bambini, uno che non solo propone loro un immaginario povero visivamente, ma anche un’idea ripetitiva di racconto. Un conto sono i cartoni televisivi, la cui natura è seriale e che nella rigida struttura delle loro puntate trovano molte maniere di variare e apparire diversi, e un conto sono i film che (si pensi alla saga di Toy Story) avrebbero il dovere di trasformarsi, cambiare e sembrare ogni volta completamente nuovi. Altrimenti il cinema cosa propone più della tv?

Despicable Me 4

Despicable Me 4Illumination & Universal Pictures

Il successo della serie dice però il contrario, ovvero che questo è l’umorismo e il racconto che piace, e soprattutto che lo sono i Minion, la cosa meno sopportabile di tutte: parodia del cinema muto e anello di congiunzione tra i cartoni sul grande schermo e i Looney Tunes, che dimostra solo la distanza che esiste tra il genio delle gag slapstick dell’animazione storica e la povertà di trovate e di coerenza di queste. Il grande successo (che non è mai facile da ottenere né scontato da mantenere) non comporta però automaticamente anche il gradimento o un attestato di stima cinematografica.

Dispiace che in questo film dimenticabile ci sia una delle migliori prestazioni di un doppiatore/attore viste negli ultimi decenni: quella di Stefano Accorsi. La sua voce è quella del cattivo e non solo è irriconoscibile (perché fa quello che dovrebbero fare tutti e invece non fanno: “inventa” una voce per il personaggio), ma è anche di grandissima energia, umorismo e dinamicità.



Fonte