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L’ultimo film di Jeff Nichols, The Bikeriders, fa una cosa strana: non si basa su un romanzo, un racconto o una graphic novel – ma si ispira a un reportage fotografico; fingendo di essere il backstage di questo reportage, segue Mike Faist nei panni di Danny Lyon, studente di fotografia armato di registratore, che negli anni Sessanta ha seguito e documentato le vite dei membri dell’Outlaws Motorcycle Club – il più antico club di motociclisti fuorilegge del mondo.

Sebbene si tratti forse del primo “documentario di finzione” ispirato a un catalogo di immagini, il cinema in generale è sempre stato in debito con la fotografia – e non è un caso che certi registi, come Stanley Kubrick, abbiano iniziato la loro carriera come fotografi. Kubrick, per esempio, era un grande fan del fotoreporter Weegee, all’anagrafe Arthur Felling, che negli anni ’30 e ’40 ha documentato la vita di strada – anche criminale – di New York City: lo volle sul set del Dottor Stranamore nel 1964, sia come consulente sia come fotografo di scena.

Weegee si dice che dormisse vestito per potersi precipitare sulla scena del crimine al suono della sirena della polizia: a lui si è ispirato anche il regista Dan Gilroy per il suo film d’esordio, Lo sciacallo – Nightcrawler, in cui Jake Gyllenhaal interpreta un giornalista freelance di cronaca nera sempre pronto a filmare incidenti, incendi, omicidi e altri disastri.

E pure un visionario come Steven Spielberg ha consultato del materiale fotografico d’archivio: per la sua epopea di guerra Salvate il soldato Ryan, il regista di Cincinnati ha preso come modello le immagini dello sbarco in Normandia di Robert Capa. Capa è stato un esperto fotoreporter dei conflitti, capace di catturare da vicinissimo le immagini dei soldati, anche durante il cosiddetto D-Day – il 6 giugno del 1944: e c’è una frase che ha influenzato Spielberg durante le riprese di quel film: «se le tue fotografie non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino».

È impossibile non citare Blow-Up di Michelangelo Antonioni, che forse ha scritto un testamento in questo senso – o La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock: due film in cui il mezzo è importante tanto quanto il fine, ma in cui i fotografi e le loro fotografie sono fittizi. Altre volte, dei veri fotografi sono entrati nello schermo insieme alle loro opere: dal ritratto immaginario di Diane Arbus al documentario su Sebastião Salgado (diretto da suo figlio), ecco allora dieci film che raccontano questi autori e le loro carriere.



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