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Una indagine contro ignoti, ma con un arrestato eccellente: Pavel Durov, fondatore e amministratore delegato dell’app di messaggistica Telegram. La Procura della Repubblica di Parigi ha diffuso una scarna nota, a quasi 48 ore dal fermo dell’imprenditore di origini russe, ma cittadino francese (per mezzo di una procedura speciale) con la quale fornisce alcune indicazioni sull’indagine che ha portato alla mossa plateale di sabato 24 agosto: l’arresto di Durov, appena atterrato all’aeroporto di Le Bourget, alle porte di Parigi, in arrivo dall’Azerbaijan.

Secondo quanto riferisce la procuratrice Laure Beccuau, il provvedimento si inserisce all’interno di una indagine giudiziaria aperta lo scorso 8 luglio, su impulso di una inchiesta preliminare condotta dalla sezione dedicata alla lotta al crimine informatico (la sezione J3 della direzione che si occupa di lotta al crimine organizzato), e che riguarda una serie di reati compiuti online, dal traffico di stupefacenti alla pedopornografia. L’indagine, recita la nota della Procura, “è stata avviata contro ignoti”. E per come viene descritta, sembra molto più ampia di un’azione a carico di Telegram e di Durov, secondo i pochi elementi diffusi, ma in cui l’imprenditore, classe 1984, finisce dentro per non aver collaborato con le autorità.

Le accuse della Procura

Sono 12 i capi di accusa contro ignoti su cui si muove la Procura d’Oltralpe. È bene precisare che non è chiaro dalla nota se i capi di accusa riguardino Durov e Telegram e, se sì, quanti e quali. Uno scenario quindi in evoluzione rispetto alle prime informazioni diramate dopo l’arresto. Telegram nelle scorse ore ha respinto gli addebiti e ha dichiarato che Durov “non ha nulla da nascondere”.

Di questi capi di accusa, sei riguardano addebiti per complicità e vanno dalla complicità “nella gestione di una piattaforma online per facilitare una transazione illegale all’interno di gruppo organizzato” a quella di “frode organizzata”, dalla complicità nel possesso di immagini pedopornografiche a quella nella distribuzione e nella condivisione. Vi sono poi complicità per spaccio di stupefacenti, per traffico di programmi per condurre attacchi informatici e per frodi.

La Procura indaga anche per “rifiuto di comunicare, su richiesta delle autorità competenti, informazioni o documenti necessari per effettuare e operare intercettazioni autorizzate dalla legge”, riciclaggio e associazione a delinquere.

La questione crittografia

Vi sono poi tre capi di imputazione che riguardano la crittografia. La Procura si legge che l’indagine vuole anche fare luce su “fornitura di servizi di crittografia finalizzati a garantire la riservatezza senza dichiarazione certificata”, “fornitura di uno strumento di crittografia non destinato esclusivamente all’autenticazione o al monitoraggio dell’integrità senza previa dichiarazione” e “importazione di uno strumento di crittografia destinato all’autenticazione o al monitoraggio dell’integrità senza previa dichiarazione”. Decrittare il legalese di queste pronunce non è semplice: è possibile che la formula si riferisca alla necessità di una certificazione del servizio. Oppure che intenda mettere nel mirino l’anonimato online (la dichiarazione preventiva sarebbe quella di identità di chi si iscrive al servizio). Wired al momento non ha potuto raggiungere persone esperte di questa materia per circostanziare queste tre accuse.

La crittografia, come abbiamo detto, è uno dei punti più delicati del servizio di Telegram. La piattaforma non applica a tutte le chat la crittografia end-to-end, ossia quel sistema di comunicazione cifrata che consente solo alle persone che stanno comunicando di conoscere il contenuto dei messaggi, ma solo alle chat segrete. Per le chat “normali”, invece, questo tipo di protezione non è garantita. Quando invece è la norma su Signal e anche sul più prosaico Whatsapp.

Alla nota della Procura si aggiunge anche una presa di posizione pubblica su Linkedin di Jean-Michel Bernigaud, segretario generale dell’Ufficio sui minori (Ofmin), questa nuova agenzia francese, istituita lo scorso novembre e incaricata di tutelare i minori online. Bernigaud scrive che “al centro di questo dossier si trova la mancata moderazione e collaborazione della piattaforma nella lotta alla pedopornografia”. Sono coinvolti nell’indagine anche il Centro francese per la lotta al crimine informatico e l’Ufficio nazionale antifrode. La procuratrice ha aggiunto che Durov è stato interrogato e che la custodia cautelare è può durare fino a 96 ore (ossia fino al 28 agosto) secondo la procedura che si può applicare ai reati al centro dell’inchiesta.



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