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Il 18 agosto scorso Donald Trump, da sempre caratterizzato da un rapporto piuttosto labile con la realtà, ha postato sul suo social network Truth una serie di immagini in cui si vedeva Taylor Swift in abiti da Uncle Sam intimare ai propri fan “I want you to vote for Trump”, più altre immagini delle fantomatiche “Swifties for Trump”. Peccato che le immagini fossero chiaramente prodotte con l’intelligenza artificiale e una di queste recasse chiaramente la scritta “Parody”. Sebbene non ci sia stata nessuna reazione pubblica da parte della stessa Swift, il suo posizionamento politico degli ultimi anni fa pensare che non sia stata molto contenta di questo accostamento farlocco: in molti, del resto, attendano che lei faccia prima o poi un eclatante endorsement pubblico a favore di Kamala Harris, azione che mobiliterebbe le migliaia di fan che la seguono come un’armata.

Trump la lista dei musicisti che non vogliono essere associati a lui si fa sempre più lunga

D’altronde Swift non sarebbe la sola a correre ai ripari rispetto a un utilizzo indebito della propria indagine e della propria musica: su Wikipedia esiste addirittura una pagina dedicata ai “Musicians who oppose Donald Trump’s use of their music”, musicisti contrari all’utilizzo della loro musica da parte di Trump. La lista è piuttosto lunga, e riguarda anche le scorse campagne presidenziali: si va dalla A di Abba, i quali hanno chiesto lo scorso 27 agosto che ai rally elettorali trumpiani si smetta di utilizzare le loro canzoni, alla Y di Yoann Lemoine, meglio noto come Woodkid, cantautore francese che ha fatto notare come sia improprio usare la sua Run Boy Run, un inno LGBTQ+, nel bel mezzo della propaganda conservatrice dell’ex presidente. Già nella campagna del 2016 grandi nomi come Adele, Elton John, Bruce Springsteen, George Harrison dei Beatles avevano negato i diritti per l’utilizzo dei loro brani all’interno degli eventi della campagna elettorale di Trump. Persino le eredi di Luciano Pavarotti avevano bloccato l’uso di una sua registrazione dell’aria Nessun Dorma (col celebre “Vincerò! Vincerò!”) per incompatibilità di valori.

Il nuovo fronte del ‘no’

Non paghi di queste scottature, anche negli ultimi mesi The Donald e il suo entourage sono incappati in ulteriori e clamorosi no: a giugno 2024, per esempio, Kamala Harris aveva ottenuto il permesso di utilizzare il brano Freedom di Beyoncé come inno ufficiale della propria campagn elettorale; peccato che la casa discografica di Queen B sia dovuta intervenire dopo che lo stesso brano era stato utilizzato da Trump al suo arrivo in una manifestazione elettorale a Detroit lo scorso 20 agosto. Sempre di recente anche Céline Dion, di nuovo al picco della sua popolarità dopo l’esibizione alle Olimpiadi, ha dovuto pubblicare sui social un messaggio in cui si dissociava dall’utilizzo della sua celeberrima My Heart Will Go On, che si era sentita durante un rally trumpiano in Montana. La chiusa del post era particolare bruciante per l’ego di Trump: “And really, THAT song?”, davvero proprio quella canzone?!



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