Nel panorama tecnologico odierno, non possiamo più limitarci a pensare agli artefatti visibili, ma dobbiamo considerare anche i potenti strumenti informatici invisibili che influenzano le nostre vite. L’utilizzo di algoritmi sui social network per inviare messaggi mirati a persone specifiche, identificate proprio da questi stessi algoritmi, rappresenta una forma di manipolazione, una micromanipolazione dei comportamenti. Questo va oltre la semplice persuasione, poiché si tratta di alterare in maniera sottile i nostri comportamenti, minando l’equilibrio democratico.
Il professor padre Paolo Benanti, presidente della commissione AI della Presidenza del Consiglio e consigliere di Papa Francesco su temi legati all’Intelligenza Artificiale e all’Etica della Tecnologia, ha sottolineato durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Lumsa su rainews.it che affinché la democrazia sopravviva, è essenziale preservare la capacità dei cittadini di formarsi un’opinione autonoma e orientata verso la verità. Tuttavia, la manipolazione algoritmica potrebbe compromettere questo equilibrio naturale della democrazia.
Il vero motore di questo fenomeno non è tanto l’intelligenza artificiale in sé, ma piuttosto il potere economico e industriale che la sostiene. L’artefatto tecnologico diventa quindi una forma di controllo e dominio, come lo era una volta la spada di ferro. Oggi, la spada algoritmica è utilizzata per suddividere, categorizzare e influenzare le persone in modi specifici.
La riflessione del professor Benanti ci invita a prendere consapevolezza di come il progresso tecnologico possa comportare rischi per la nostra società e la nostra democrazia. È fondamentale interrogarsi sulle implicazioni etiche di queste nuove forme di potere e trovare un equilibrio tra progresso tecnologico e valori umani fondamentali.