La diffusione delle fake news sui social network è alimentata dall’indignazione, secondo uno studio condotto dalla Princeton University e pubblicato su Science. L’indignazione morale generata dalla disinformazione porta le persone a condividerla senza nemmeno leggerla, favorita dalla rabbia e dal disgusto per le presunte trasgressioni morali.
Le ricerche hanno analizzato oltre un milione di link condivisi su Facebook e più di 44.000 tweet di 24.000 utenti di Twitter per comprendere il ruolo dell’indignazione nella circolazione delle informazioni. I risultati dimostrano che le fonti di fake news generano più indignazione rispetto alle fonti attendibili, facilitando la diffusione di bufale tanto quanto quella di notizie veritiere.
L’atteggiamento di condivisione delle fake news senza verificarne l’accuratezza riflette la volontà delle persone di segnalare la propria posizione morale o appartenenza a determinati gruppi. Gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme per classificare i contenuti amplificano questo fenomeno, premiando i contenuti più coinvolgenti associati all’indignazione.
L’importanza di questo studio risiede nella consapevolezza che le persone possono essere spinte a condividere disinformazione per esprimere indignazione, senza necessariamente verificare la veridicità delle notizie. Gli algoritmi giocano un ruolo chiave nella diffusione delle fake news, classificando meglio le notizie che suscitano indignazione, anche se l’intento dell’utente era solo esprimere sdegno per la presenza di disinformazione.
Il fenomeno della diffusione delle fake news è quindi complesso e coinvolge diversi fattori, dall’indignazione morale alla tecnologia algoritmica delle piattaforme social. È importante essere consapevoli di come tali meccanismi influenzino la nostra percezione e diffusione delle informazioni online.
FP