Ma qualcosa bisognerà fare. La priorità, al convegno si è visto, è trovare al più presto un fornitore di servizi di comunicazione in ambito civile e militare senza perdere il controllo dei dati e della connettività. Evitando, cioè, che diventino un’arma di ricatto: dei “dazi spaziali”, per portare il concetto all’estremo, e per tornare a Trump. La Casa Bianca, del resto, ha mostrato di cosa è capace proprio con i dazi, e di non avere scrupoli quando si tratta di perseguire il proprio tornaconto, per quanto in maniera un po’ maldestra.
Per il momento “bisogna prendere atto – ragiona ancora l’ufficiale con realismo – che a oggi SpaceX è l’unico soggetto in grado di fornire un servizio di quel tipo: l‘Europa ha messo in campo dei progetti interessanti, ma ci vorranno almeno quattro anni prima che vedano la luce e comunque, almeno all’inizio, offriranno una copertura assai inferiore rispetto a quella offerta dalla flotta Starlink. La verità è che gli Usa hanno avuto la lungimiranza di investire sul settore dando la possibilità a un privato di sviluppare le tecnologie e crescere, cosa che nessun paese europeo ha fatto. Ora paghiamo questo gap, e dovremo trovare il modo di gestire i rischi conseguenti a una tale concentrazione di interessi“.
Josef Aschbacher (Esa): “In Europa ci siamo concentrati sulle applicazioni civili”
A confermare il ritardo dell’Europa è stato Josef Aschbacher, amministratore delegato dell’Esa, l’ente spaziale europeo. “Stiamo lavorando e ci stiamo trasformando per diventare più veloci e stiamo discutendo con gli Stati membri per capire come pianificare nuove strategie per rispondere alle sfide del futuro in modo più agile e veloce”, ha detto aprendo il suo intervento. “Assistiamo a una crescente privatizzazione dello spazio – ha spiegato -, e per venire incontro a questa privatizzazione abbiamo raccolto 1,4 miliardi di euro in fondi privati che si sono sommati ai fondi pubblici. Il problema è che siamo in ritardo: gli Usa oggi detengono il 61% degli investimenti sullo spazio a livello globale, la Cina è al 15% mentre l’Ue è ferma al 10%, ovvero lo 0,06% del suo Pil. Bisogna fare di più. Lo spazio è sempre più un settore strategico sia per le connessioni a uso civile che militare. Il 50% del bilancio globale sullo spazio viene mediamente investito sulla difesa, in Europa siamo fermi al 15%, perché ci siamo concentrati soprattutto sulle applicazioni civili. Ma la situazione geopolitica impone un cambio di passo e il terzo congresso sulla sicurezza dello spazio, che si è tenuto a Varsavia, ha sancito questa priorità”.
Cosa ci faceva una dirigente commerciale di SpaceX a un convegno dell’Aeronautica?
All’interrogazione di Casu il ministro della Difesa, Guido Crosetto, risponderà nelle prossime settimane. Qualche domanda ha provato a farla Wired. “Abbiamo visto l’interrogazione parlamentare, ma ci sembra francamente strumentale: non è l’Aeronautica militare che decide chi chiamare ai convegni, e l’azienda ha mandato la persona che ha ritenuto più adatta”, spiega un responsabile dell’organizzazione. Durante il suo breve intervento nel panel dedicato all’evoluzione del dominio spaziale, Bednarek si è limitata a raccontare l’aumento esponenziale dei lanci da parte di SpaceX – ormai tre a settimana – e a parlare dei futuri viaggi su Marte, il grande sogno del patron sudafricano. Esa e Asi non hanno risposto a mail di questo giornale per chiedere un chiarimento.