L’ennesima scossa di terremoto a Napoli, precisamente nei Campi Flegrei di martedì 13 maggio ha riacceso i riflettori sulla gestione dell’emergenza bradisismica nell’area campana. Il fenomeno, con il suo alternarsi di sollevamenti e abbassamenti del suolo, continua a manifestarsi con particolare intensità nella zona a ovest di Napoli da oltre un anno, incidendo sulla vita quotidiana di migliaia di persone.
In questo periodo il governo Meloni ha approvato ben tre decreti dedicati all’emergenza, l’ultimo dei quali è attualmente in discussione al Senato. Nonostante questa apparente attenzione da parte delle istituzioni, i cittadini non hanno ancora visto risultati tangibili sul territorio. Gli stanziamenti economici, infatti, risultano largamente insufficienti rispetto alle reali necessità, mentre le procedure di attuazione si scontrano con ostacoli burocratici che ne rallentano l’efficacia. Lo stesso ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, si trovava in commissione Ambiente alla Camera proprio durante il terremoto per rispondere alle interrogazioni sulla situazione.
Terremoto a Napoli ai Campi Flegrei, l’insufficienza degli stanziamenti economici
I decreti approvati dal governo negli ultimi mesi includono interventi come l’analisi della vulnerabilità sismica di edifici pubblici e privati, l’aggiornamento dei piani di evacuazione, campagne informative e l’istituzione di fondi per la messa in sicurezza del territorio. Ma sul piano operativo le misure procedono a rilento. Secondo quanto ricostruito dal quotidiano Domani, i decreti attuativi per sbloccare i primi contributi economici sono arrivati solo a dicembre, nonostante i segnali di ripresa del fenomeno bradisismico fossero chiari già a maggio 2024. Un ritardo di oltre sette mesi, che ha lasciato le comunità locali prive di strumenti concreti mentre aumentava la frequenza delle scosse e cresceva la preoccupazione. Anche le verifiche tecniche sugli edifici sono partite con notevole ritardo, e i risultati si vedono sul campo.
A limitare di più l’impatto degli aiuti è la loro impostazione selettiva: lo Stato si impegna a coprire solo il 50% delle spese per l’adeguamento sismico e limita il sostegno alle sole prime case, escludendo così una parte significativa del patrimonio edilizio dell’area. Secondo quanto ricostruito da Domani, il sistema previsto dal governo per avviare i controlli di vulnerabilità sismica presenta diversi ostacoli. Sono i cittadini, infatti, a dover attivare la procedura tramite gli amministratori condominiali. Solo al termine di questo iter viene attribuita una classificazione del livello di rischio dell’edificio. Ma per chi è stato già costretto a lasciare la propria abitazione, come accaduto a maggio 2024 dopo una scossa particolarmente forte, non è previsto alcun aiuto nella ricerca di un nuovo alloggio. I contributi per l’autonoma sistemazione sono stati avviati, ma non coprono i costi reali.
Sul piano fiscale, il recente decreto prevede la sospensione di imposte e mutui fino ad agosto 2025. Tuttavia, le somme dovranno essere versate in un’unica soluzione a dicembre. Come riporta Domani, però, diversi residenti avrebbero invece preferito continuare a pagare regolarmente, temendo un peso eccessivo a fine anno, in coincidenza con altre scadenze fiscali.
Gli effetti economici
Intanto, gli effetti del bradisismo sull’economia locale sono già tangibili. Le perdite legate al calo del turismo, secondo le stime raccolte da Domani, oscillano tra il 20 e il 30% rispetto al 2024, con una contrazione di circa 45 milioni di euro nei primi mesi del 2025. Ristoratori e commercianti segnalano un peggioramento progressivo della situazione, legato all’intensificarsi degli sciami sismici. A fronte di questi dati, il governo non ha varato misure straordinarie di sostegno economico. Il Movimento 5 Stelle e altre forze di opposizione hanno proposto vari interventi: dai ristori diretti fino a 25 milioni di euro a misure strutturali come una zona franca urbana e la possibilità di estendere il bonus sisma già in vigore per il Centro Italia. Tutte proposte che sono state respinte dalla maggioranza per ragioni di bilancio.