Non solo Stella Assange, moglie di Julian, ma anche Edward Snowden, Pamela Anderson, Chelsea Manning, Yánis Varoufákis, coinvolti direttamente o indirettamente nella vicenda umana e professionale di questo australiano misterioso, sfuggente, una delle personalità che più hanno cambiato la nostra quotidianità. Lo ha fatto in modo molto semplice: mettendo a nudo il controllo capillare e tirannico sulle nostre vite, le nostre informazioni, illuminando il corpo decadente del tessuto democratico occidentale, il nuovo fascismo di ritorno guidato dai guru hi-tech, la loro capacità di manipolare i dati, le informazioni, le loro connessioni con una politica sempre meno espressione di un voler democratico. La cosa che più stupisce di The Six Billion Dollar Man è che riavvolgendo il nastro, andando ai documenti riguardanti la Guerra in Afghanistan del 2010, il carcere di Guantanamo, i programmi di spionaggio decisi dai governi, i famosi embassy codes o i crimini di guerra commessi in Iraq, non c’è nessuna parte politica che ne esca pulita. George W. Bush e Joe Biden, Barack Obama e naturalmente Donald Trump, Hillary Clinton e Theresa May. Non c’è più destra o sinistra, non esistono parti o partiti, esiste solo la reazione del potere, quello vero, quello che considera leggi e moralità ostacoli, quello che vuole la verità, la verità è la fine del mondo, vuole complicità nel silenzio, masse ignare e passive.
Guardando negli occhi la fine della democrazia occidentale
Julian Assange, chi è costui? Difficile un giudizio umano e morale definitivo, ma con un paio di volontari, una buona connessione internet e una visione reale di come il web sia un’arma, ha azzerato la distanza tra la politica e l’opinione pubblica. Tuttavia, il documentario di Jarecki è anche esemplare nel mostrarci gli effetti collaterali di tutto questo, e cioè la scomparsa progressiva della capacità di inquadrare i fatti in modo oggettivo, l’esasperazione dell’opinionismo individuale che diventa cortina di distrazione. Il giornalismo è scomparso, esiste sola la raccolta di dati che poi vanno modificati e manipolati da chiunque. The Six Billion Dollar Man in questo, più che nel racconto straziante di una prigione distopica, dei maltrattamenti, inganni e sopraffazioni di cui Julian Assange è stato vittima, tocca vette di perfezione con pochi precedenti. Dal 2010 al 2025, vediamo che ovunque la repressione è diventata la regola, che la distanza tra polizia e forze armate è scomparsa, che i giornalisti sono diventati i nuovi nemici del potere. Se una volta esisteva la definizione anglosassone di watchdog journalism, cioè del giornalismo come “cane da guardia” da usare contro il potere politico, i governi, i servizi segreti, con una lunga e gloriosa serie di vittorie, oggi invece tutto questo non esiste più. I grandi gruppi finanziari, il nuovo corso della politica di estrema destra, i guru hi-tech, hanno deciso che le notizie sono il vero nemico.
Julian Assange ha rivelato bassezze, crimini, gli scheletri negli armadi. E quindi eccolo lì, accusato di stupro con un iter fuori da ogni regola, senza che le due accusatrici ne sappiano nulla. Eccolo tradito dalle stesse grandi firme del giornalismo di cui si era fidato, solo per vendere un libro e finire in qualche conferenza. Julian Assange finisce al centro di un’offensiva sia giudiziaria, sia mediatica, che illegale fatta di microspie, corruzione, paura. Arrestato contro ogni possibile principio diplomatico, venduto come un animale con il prezzo al collo, poi internato nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh con la malcelata volontà di spingerlo verso il suicidio o la morte per infarto. C’è un parallelo tra ciò che gli vediamo subire e ciò che un uomo come Vladimir Putin ha utilizzato sui propri rivali da sempre. Perché, ed è questo il punto, Julian Assange con WikiLeaks ha costretto governi, servizi segreti a riscrivere letteralmente l’essenza della democrazia occidentale, smantellandone ogni mattone garantista. Per questo, soprattutto per questo, guardare in The Six Billion Dollar Man l’estremizzarsi del rapporto tra esecutivo e popolazione, tra informazione e la sua libertà di circolazione, il calvario allucinante di Julian Assange ci porta infine a comprendere una terribile verità: non siamo più in una vera democrazia e mai la libertà è stata così poco in salute dai tempi dei grandi totalitarismi.