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Trasparenza retributiva, fra un anno scatta l’obbligo. E l’Italia non è messa bene

da | Mag 26, 2025 | Tecnologia


Eppure, il 71% tra i partecipanti al sondaggio si dichiara più propenso a candidarsi per una posizione in un’azienda trasparente sui salari rispetto a una che non lo è, non solo nella ricerca di un nuovo impiego, ma anche per l’attuale occupazione. Sono ben pochi quelli che conoscono esattamente e con certezza lo stipendio del loro collega di scrivania. Questo può creare anche un clima di diffidenza, che si riscontra poi nei numeri. Sempre dal sondaggio di Indeed, il 45% dei lavoratori italiani coinvolti ritiene di essere pagato meno di quanto dovrebbe, con un 10% che crede che lo scarto sia significativo. Da qui, il 60% preferirebbe che ci fosse trasparenza retributiva anche (forse soprattutto) da parte del proprio datore di lavoro. Quindi, dove e perché si inceppa il meccanismo? Non dimentichiamoci poi che il Consiglio dell’Unione europea ha incluso proprio la trasparenza retributiva tra le priorità della strategia per la parità di genere 2020-2025, evidenziando l’impegno dell’Ue nel promuovere politiche salariali più trasparenti per ridurre le disuguaglianze di genere.

C’è chi fa meglio dell’Italia?

Ci sono paesi dell’Ue che hanno già regole precise sulla trasparenza salariale? Esistono diverse leggi sulla trasparenza salariale che riguardano però quasi sempre la comunicazione degli stipendi dei dipendenti attuali, usato come modo per monitorare le differenze retributive di genere. “Fino a questo momento l’Austria è l’unico paese che richiede sistematicamente informazioni sugli stipendi nelle offerte di lavoro – spiega Lisa Feist, economista all’Hiring Lab di Indeed, specializzata nel mercato del lavoro europeo -. Svezia, Irlanda e Polonia hanno presentato iniziative per introdurre leggi sulla trasparenza salariale. Ciò significa che il grado in cui i datori di lavoro condividono informazioni sugli stipendi nelle offerte di lavoro è, a questo punto, principalmente il risultato di abitudini e pratiche culturali all’interno delle diverse giurisdizioni. L’impatto della direttiva dell’Ue dipenderà da come ciascun paese la implementerà, poiché consente alle nazioni di imporre la trasparenza sia attraverso le offerte di lavoro sia garantendo che i candidati ricevano dettagli salariali prima di un colloquio”.

Parlando poi dei principali ostacoli nel compiere questo salto richiesto dall’Europa entro giugno 2026, uno spicca su tutti: I datori di lavoro sono riluttanti a condividere informazioni salariali dirette perché lo considerano una vulnerabilità, sia nei confronti dei candidati, sia dei dipendenti attuali che potrebbero rilevare differenze retributive con i nuovi assunti, ma anche nei confronti di altre aziende che competono per gli stessi candidati – prosegue la studiosa – Superare questa riluttanza, che deriva davvero da un’incertezza di fondo, è uno dei principali ostacoli all’implementazione della trasparenza salariale nelle offerte di lavoro”. Rimangono comunque delle differenze significative tra i vari paesi: alla fine del 2024, più di due terzi delle offerte di lavoro nel Regno Unito includevano informazioni sugli stipendi, il numero pi ù alto tra tutti i paesi analizzati. Allo stesso tempo, meno del 20% delle offerte di lavoro in Germania e Italia erano trasparenti riguardo alla retribuzione.

Non è solo un tema di genere ma anche di classe. Le statistiche nazionali ufficiali di diversi paesi europei mostrano come il divario di genere sia più pronunciato nei lavori meglio retribuiti. In generale però i lavori meno pagati presentano una maggiore trasparenza salariale nelle offerte di lavoro, anche per il carico spesso fisico che comportano e l’adesione più puntuale ai contratti collettivi del lavoro che hanno dei tetti standard. Sappiamo comunque che, per molte mansioni, proprio i contratti collettivi del lavoro nel nostro paese sono ancora in via di definizione e mancano spesso di rinnovi puntuali. Un punto da non trascurare visto il potere d’acquisto sempre minore registrato negli anni, ricordatoci dalle statistiche impietose pubblicate dall’Organizzazione mondiale del lavoro che vede nessuno peggio dell’Italia nelle percentuali dei salari reali: dal 2008 al 2024 un -8,7% rappresentando il calo più significativo dei paesi del G20.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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