Con l’arrivo delle belle giornate, nei giardini e nei parchi del Nord Italia in queste settimane torna a farsi vedere un ospite indesiderato. È la Takahashia japonica, un parassita riconoscibile per i peculiari anelli, bianchi e appiccicosi, di cui riempie i rami di piante e alberi nel periodo primaverile. La buona notizia è che si tratta di un inquilino del tutto innocuo per la salute di persone e animali. Quella cattiva, è che lo stesso non si può dire per quella delle piante di cui si nutre, e che contro questa specie aliena invasiva attualmente non esistono insetticidi specifici o altre strategie di contrasto di provata efficacia.
Il nemico che viene dall’oriente
La Takahashia japonica, o cocciniglia dai filamenti cotonosi, è un insetto infestante originario del sud-est asiatico. È una delle tante specie aliene che si sono diffuse in Europa a causa della globalizzazione, facendo la sua comparsa prima in Italia, nel 2017, e poi anche nel Regno Unito, in Croazia e in Ucraina negli anni seguenti. Appartiene alla stessa famiglia delle cocciniglie autoctone del nostro paese, e come le parenti più comuni è un parassita che si nutre della linfa delle piante, danneggiandone le foglie e debilitandole, fino a poterne compromettere la crescita e la sopravvivenza.
In Giappone e negli altri paesi in cui è endemica, la Takahashia japonica è associata principalmente con le piante di gelso. Ed è proprio sui gelsi che è stata avvistata inizialmente anche in Italia, per poi diffondersi a macchia d’olio su una gran varietà di specie vegetali in tutto il Nord-Est.
La “signora degli anelli”
A rendere riconoscibile la presenza della cocciniglia dai filamenti cotonosi sono i peculiari anelli di cui ricopre le piante che infesta. Si tratta a ben vedere di ovisacchi, cioè delle strutture create dalle femmine per contenere le uova che depongono, anche 5mila alla volta, durante il periodo primaverile. Nonostante la forma inconsueta, questi anelli sono completamente innocui: pongono un rischio unicamente per la pianta su cui vengono deposti, e per quelle nelle vicinanze, perché l’insetto può essere diffuso facilmente dal vento in un’area piuttosto estesa.
Gli ovisacchi vengono deposti nei mesi di aprile e maggio, e dopo poche settimane ne emergono i neanidi (gli insetti giovani), che migrano sulla pagina inferiore delle foglie, insediandovisi e iniziando a nutrirsi della loro linfa. Durante l’estate continuano a risucchiare il nutrimento dalle foglie, disseccandole e provocando gravi danni alle piante infestate. In autunno, maturate al loro secondo stadio di sviluppo, le ninfe tornano verso i rami per svernare, e prepararsi alla mutazione finale, lo stadio adulto, che avviene in pochissimi giorni appena prima dell’inizio della stagione riproduttiva, la primavera seguente.
Un problema senza soluzione, almeno per ora
Purtroppo, come dicevamo, attualmente non sono disponibili insetticidi specifici per eliminare questo insetto infestante. Le soluzioni possibili in caso di infestazione sono quindi limitate. La potatura dei rami infestati è una di queste, ma va svolta con cautela e solo in presenza di focolai limitati, perché tagliare troppi rami può danneggiare la pianta più di quanto non faccia l’insetto stesso, e le fronde una volta tagliate vanno eliminate correttamente e immediatamente per evitare che la Takahashia japonica abbia occasione di diffondersi ulteriormente.
Trattandosi di un nemico presente da pochi anni nel nostro paese, sul piano dei trattamenti chimici si naviga a vista. Gli esperti assicurano che intervenire sugli ovisacchi è inutile. Più efficace probabilmente è l’utilizzo di insetticidi sulle forme giovanili, i neanidi. Ma non è ancora chiaro quali possano risultare più efficaci: si sente parlare di olii minerali, olii d’arancia o di neem, sali di potassio e preparati microbiologici, ma non esistono ancora protocolli certificati. Per chi si trovi ad affrontare il problema nel proprio giardino, la cosa più importante da fare attualmente è quindi segnalare la presenza della Takahashia japonica al servizio fitosanitario regionale, che in regioni come la Lombardia sta procedendo a una mappatura delle infestazioni, e potrà fornire informazioni utili sulla gestione del parassita e delle piante infestate.