“L’Ets ha contribuito a una riduzione delle emissioni da installazioni fisse in Europa del 48% tra il 2005 e il 2023 e all’uscita sostanziale del carbone dal mix energetico in diversi paesi”, ha spiegato a Wired Davide Panzeri, responsabile delle politiche Italia-Europa di Ecco. “L’Ets è dotato di diversi meccanismi correttivi del prezzo, come la Riserva stabilizzatrice di mercato. La leva più importante di controllo del prezzo è per ò in mano agli Stati membri, ed è l’azione di decarbonizzazione. Più un’economia decarbonizza, meno sarà esposta al costo dell’Ets; più rapida sarà la decarbonizzazione, più rapidamente si abbasserà la domanda di quote. Dal momento che l’Ets è un meccanismo di mercato, la rapida riduzione della domanda abbasserà il costo delle quote Ets per tutti”.
L’Ets e il problema della competitività
“Mettendo un costo alle esternalità negative delle emissioni di CO2”, prosegue Panzeri, “l’Ets favorisce la loro graduale riduzione, indirizzando gli investimenti verso processi industriali più innovativi, efficienti e meno emissivi”. Il sistema si basa sul presupposto che se il prezzo delle quote di CO2 è più alto delle spese per la riduzione delle emissioni, le aziende saranno incentivate a decarbonizzare e a rivendere sul mercato le loro quote, recuperando così una parte dei capitali investiti nei processi “verdi”.
Il rafforzamento della competitività industriale, sempre in accordo con l’azione climatica, è una delle priorità della nuova Commissione di Ursula von der Leyen. A febbraio è stato presentato il Clean industrial deal, ovvero il piano di sostegno alle aziende impegnate nella transizione ecologica, che mira a ridurre i prezzi dell’energia e il carico normativo. L’Ets viene appena menzionato nel documento; i critici del sistema, però, lo accusano di essere uno dei principali fattori di svantaggio per le imprese europee rispetto alla concorrenza estera, in particolare quella dei paesi che non si curano troppo della decarbonizzazione.
Secondo Panzeri, “l’Ets è altamente sinergico rispetto alla strategia di decarbonizzazione e competitività pubblicata nel Clean Industrial Deal, che vede nell’elettrificazione dei processi industriali, incentivata dall’Ets e abilitata da tecnologie green, un elemento chiave del successo industriale europeo”.
L’Italia spende poco i proventi delle aste Ets
Tornando al ruolo degli stati membri dell’Unione nello stimolo alla transizione energetica, nello studio di Ecco si legge che il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Italia nel Pniec (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) richiederà oltre 174 miliardi di investimenti aggiuntivi cumulati entro il 2030, e che gran parte di questi investimenti dovrà provenire dal settore privato. “Per un paese a ridotto spazio fiscale come l’Italia, il completo, efficiente ed efficace utilizzo dei proventi delle aste derivanti dall’Eu Ets, quindi, rappresenta un elemento fondamentale della strategia di finanziamento per la transizione”, affermano gli autori del report.