Underdog vs. superpotenza. Nel libro descrive il privilegio americano di sostenere due idee contraddittorie: vedersi come un paese mosso “dalla grintosa rettitudine degli sfigati” pur essendo la nazione più potente al mondo. Con Trump che promette di “finire il lavoro” in Medio Oriente, come vede evolversi questa contraddizione?
Ho molta difficoltà a prevedere come qualsiasi cosa negli Stati Uniti si svilupperà nei prossimi anni, in gran parte perché l’era Trump è stata ed è così costantemente delirante su quasi tutte le questioni. Ma il mio sospetto è che la frattura tra coloro che riescono a mantenere questa contraddizione anche durante un genocidio sponsorizzato dagli Stati Uniti, e coloro che non possono, diventerà solo più ampia. C’è una parte di me che vuole credere che a un certo punto diventerà insostenibile, ma poi ricordo che questa stessa contraddizione è sopravvissuta a ogni tipo di atrocità storica, dal genocidio dei popoli indigeni dell’emisfero occidentale alle guerre in Vietnam e Iraq, e quindi forse sopravviverà anche a questo momento.
Paesi come Canada, Francia, Germania, Spagna criticano ora più apertamente Israele su Gaza. Il Regno Unito ha persino sospeso i colloqui commerciali. È un vero cambiamento o una conferma della tesi del suo libro?
Ho esattamente zero fiducia nella sincerità o nelle buone intenzioni dei leader occidentali su questa questione. Zero E anche per quanto riguarda l’ambiguità e l’inconsistenza dell’azione dell’Unione Europea ho un giudizio particolarmente negativo. La mia reazione immediata è assumere che si tratti di teatro politico. Queste mosse e dichiarazioni finora non hanno cambiato nulla: la scala e la portata del massacro a Gaza rimangono le stesse. Sono semplicemente un tentativo di dare una risposta all’enorme sostegno popolare che c’è in questi paesi per porre fine a questo incubo. Ma spero di sbagliarmi. In ogni caso, quello che conta molto di più di questo flusso di rimproveri ufficiali è la forza pura della protesta, della solidarietà, della mobilitazione di milioni di persone in tutto il mondo. Quella è una forza molto reale, e continuerà a essere il vero catalizzatore di un cambiamento.
La sua vita è stata un continuo spostarsi: Egitto, Qatar, Canada, Stati Uniti. Un nomadismo che sembra aver reciso ogni radice, ogni àncora territoriale…
Penso che se non avessi mai lasciato l’Egitto, la mia relazione con il patriottismo, il nazionalismo e l’intero concetto dello stato-nazione sarebbe completamente diversa. Così come stanno le cose, non credo di avere nemmeno un briciolo di spirito patriottico o nazionalista, e certamente non ho molto rispetto per la santità intrinseca dello stato-nazione come concetto. Sono, per la maggior parte, distaccato da questa idea di fedeltà allo Stato, e questo tende a emergere in molta della mia scrittura. In particolare, nella mia produzione narrativa, dove spesso sposto i confini e generalmente tratto il mondo geopolitico come una cosa profondamente malleabile. Mi piacerebbe dire che la mia esperienza di essere sradicato in età molto giovane in qualche modo mi dà una comprensione più alta di quello che stanno vivendo i palestinesi, ma in verità, l’orrore di quella situazione è così intenso che nulla nella mia esperienza personale è neanche lontanamente paragonabile. Sospetto che lo stesso valga per la stragrande maggioranza delle esperienze di tutte le persone su questo pianeta.
