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Spid, perché il governo deve allungare la vita

da | Giu 4, 2025 | Tecnologia


La data segnata in agenda è il 9 luglio, ma già si inizia a discutere di allungare la vita di Spid, il sistema pubblico di identità digitale. A ottobre scadono le convenzioni con i gestori ma il governo Meloni non può staccare la spina. Perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha tra i suoi obiettivi il raggiungimento del 70% dei cittadini dotati di identità digitale entro giugno 2026. E Spid, con i suoi 40,5 milioni di identità emesse, è necessario per tagliare il traguardo.

Per questo, come Wired ha potuto ricostruire da fonti vicine alle partite, a questo round l’intenzione del governo è di muoversi per tempo. Cioè dal 9 luglio, quando si apre la finestra di tre mesi prima della scadenza delle convenzioni il 9 ottobre per discutere del rinnovo. Per farlo, occorre prima sanare la questione fondi.

L’accordo per Spid

Riavvolgiamo il nastro. Due anni fa il governo Meloni si trova a gestire il rinnovo delle convenzioni Spid. Gli accordi con i gestori, scaduti a fine 2022, vengono prorogati d’ufficio fino alla primavera del 2023, mentre si apre una trattativa serrata con il governo per modificare le regole di ingaggio, con la promessa di ristorare il servizio e gli investimenti con 40 milioni di euro pubblici.

I soldi, però, sono stati sbloccati solo lo scorso marzo. Per due anni sono rimasti impelagati in un rimpallo di carte tra il ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) e il dicastero per gli Affari europei, che gestisce i fondi del Pnrr. E ai gestori interessa portarli a casa, dato che erano una delle promesse su cui si incardinava l’accordo con il governo per prolungare il servizio. È questa la priorità, prima di sedersi al tavolo per il rinnovo delle convenzioni.

Dalle parti del governo, invece, l’intenzione è di non posticipare la trattativa per la proroga di Spid. Motivo per cui il dossier inizia a circolare di mano, anche se manca più di un mese al fischio di inizio. L’intenzione del dipartimento per la trasformazione digitale, guidato dal sottosegretario Alessio Butti, è di rinnovare per almeno altri due anni. Vedremo se con l’offerta di ulteriori sostegni.

Obiettivo Pnrr

Da quando gli è stata affidata la delega all’innovazione, Butti non ha mai fatto mistero di scommettere sulla carta di identità elettronica (Cie) e di farne il perno del sistema di identità digitale nazionale. Cie è un documento d’identità emesso dal ministero dell’Interno in collaborazione con il dipartimento per la Trasformazione digitale e realizzato dal Poligrafico e Zecca dello stato, ha un costo fisso (a differenza di Spid, che dipende dalle politiche dei gestori) e codici pin e puk per l’accesso.

Per facilitare il passaggio a Cie è stata sviluppata una app per digitalizzarla, CieId, che consente di usarla anche in assenza del lettore nfc (near field connection) e il cui uso è stato sostenuto dal governo anche con campagne di comunicazione dedicate. Siamo passati così dai 5,5 milioni di attivazioni di CieId di maggio 2024 ai 6,1 milioni di novembre fino ai 7,3 milioni al 16 maggio 2025, come comunicato dal dipartimento della Trasformazione digitale a Wired.

Numeri in crescita, ma ancora lontani dai 42,3 milioni necessari ad assegnare a ciascun cittadino un’identità digitale come previsto dai traguardi del Pnrr. E difficilmente raggiungibili in un anno, benché di carte fisiche ce ne siano circa 50 milioni nelle tasche degli italiani. Ed ecco perché Spid, con i suoi 40,5 milioni di emissioni (al 25 maggio), è determinante per non bucare uno degli obiettivi del Pnrr su cui l’Italia può dimostrare, dati alla mano, di aver fatto i compiti a casa. Ed ecco perché chiudere il rinnovo delle convenzioni con i gestori è cruciale per il governo. La partita è aperta.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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