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Social, quando gli avvocati fanno del web il loro campo di battaglia

da | Giu 7, 2025 | Tecnologia


E qui si apre un interrogativo sostanziosissimo: esiste un confine oggettivo tra un tono personale, moderno, magari ironico, e un comportamento che lede il decoro della professione?

Forse, ma la verità è che oggi tale confine è largamente affidato alla discrezione dei Consigli di disciplina, che mettono in atto valutazioni caso per caso. Non esiste insomma una vera e propria “giurisprudenza deontologica” univoca sulla comunicazione digitale.

Nel frattempo, molti avvocati, spesso in modo meritorio, scelgono di fare divulgazione giuridica, (come me, ne avrete visti a decine) rendendo accessibili temi complessi e contribuendo alla formazione di una cittadinanza più consapevole. Apprezzabile, ma anche questa attività, se non condotta con misura e parsimonia, rischia di trasformarsi in una forma mascherata di autopromozione, soprattutto quando il contenuto è costruito per generare consenso, engagement e potenziali clienti.

E allora: dove finisce la divulgazione e dove inizia l’autopromozione? È un confine sottilissimo, a tratti sfumato, che dipende non solo dal contenuto, ma anche dal contesto, dal tono, dal canale utilizzato, e persino dalla percezione che il pubblico ha del messaggio. Insomma il tutto non è semplice.

La professione forense si trova quindi oggi davanti a un passaggio assai delicato: tra il dovere di rispettare la tradizione e la necessità di parlare il linguaggio del presente. Una deontologia pensata per i tempi analogici fatica non poco a misurarsi con le dinamiche fluide e rapidissime dei social media, dove visibilità, linea editoriale e immediatezza sono la regola di base. Sarebbe dunque auspicabile un intervento normativo o almeno interpretativo, da parte del Consiglio nazionale forense o dei Consigli distrettuali, che offra almeno delle linee guida più chiare per una comunicazione digitale etica, coerente con i principi della professione ma aggiornata ai codici espressivi attuali.

Nel frattempo, la responsabilità ricade sul singolo professionista, chiamato a trovare un equilibrio tra libertà comunicativa e rispetto deontologico, tra identità personale e dignità professionale.
Raccontare il proprio lavoro, spiegare il diritto, dialogare con i cittadini è non solo possibile ma, se fatto con misura e buon senso, perfino doveroso.

Insomma, in soldoni, Si può fare l’avvocato su Instagram? Sì, ma con giudizio. Tanto giudizio. Chili di giudizio. Anzi: con più giudizio di chiunque altro. Perché in un mondo in cui basta una story per finire sotto i riflettori, il confine tra informare e influenzare è sottile come un filtro di bellezza. E la toga, purtroppo o per fortuna, non accetta filtri aesthetics.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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