Quella dell’Lhc è certamente stata un’impresa scientifica di successo. Pensiamo al bosone di Higgs, la celebre “particella di Dio” individuata proprio dall’enorme acceleratore di particelle del Cern. Non mancano però neanche i rimpianti: a quasi 20 anni dalla sua accensione, ad esempio, della materia oscura non c’è stata ancora mai traccia, così come di anomalie significative che aiutino a superare il modello standard della fisica delle particelle e fare finalmente “nuova fisica”, come amano dire in questo campo.
Serve un acceleratore di particelle più grande, ed è quello che sperano di ottenere i ricercatori del Cern con il Future Circular Collider (Fcc), un apparecchio lungo 91 chilometri che dovrebbe succedere ad Lhc nel 2070, se non ci saranno intoppi e il progetto riceverà il via libera dall’Europa. Nel frattempo, però, che fare? Lhc ha ancora molti esperimenti da portare a termine, ma per avere chance concrete di effettuare qualche scoperta realmente rivoluzionaria servono collisioni molto più potenti di quelle che può ottenere attualmente. Fortunatamente, due fisici di Oxford e della John Hopkins University potrebbero avere la soluzione: in attesa di Fcc (o di qualche altra struttura di potenza paragonabile), si potrebbero sfruttare i buchi neri supermassicci come acceleratori di particelle naturali ed economici, per portarsi avanti con le ricerche.
Servono nuovi acceleratori
“Una delle grandi speranze per gli acceleratori di particelle come il Large Hadron Collider è che riescano a generare particelle di materia oscura, ma fino ad oggi non abbiamo ancora trovato nessun indizio”, spiega Joseph Silk, professore di astrofisica della Johns Hopkins University e di Oxford e coautore del nuovo paper. “Per questo si discute di costruirne una versione mlto più potente, la prossima generazione di superacceleratori. Ma mentre investiamo 30 miliardi di dollari e attendiamo 40 anni per costruirli, la natura può già farci dare un’occhiata al futuro grazie ai buchi neri supermassicci”.
Gli acceleratori come Lhc sono strutture in cui particelle come i protoni o gli elettroni vengono accelerate fino a raggiungere velocità elevatissime, e poi fatte collidere tra loro per osservare le nuove particelle che si formano. Questi esperimenti sono essenziali per cercare di estendere il modello standard, e arrivare a spiegare alcune incongruenze attualmente senza risposta: confermare l’esistenza della materia oscura e la sua natura; chiarire perché i neutrini hanno una massa (il modello diceva che non dovrebbero averla, ma le osservazioni indicano una realtà diversa), e quale sia; calcolare la prevalenza di materia e antimateria nell’Universo.
Nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, questi aspetti problematici del modello non sono mai stati risolti. E se una risposta c’è, è ormai chiaro che non si troverà con gli acceleratori che abbiamo a disposizione: le particelle che cercano i fisici probabilmente hanno una massa più elevata di quelle che si possono generare con Lhc; e visto che più elevata è l’energia delle collisioni maggiore è la massa delle particelle prodotte, quello che serve sono acceleratori sempre più potenti. Lhc è arrivato a produrre collisioni a 14 Tev. Fcc dovrebbe partire 100, ma come dicevamo serviranno decenni prima che i fisici possano iniziare a giocarci. Da qui, l’idea di cercare un modo per non stare con le mani in mano nei prossimi anni.
Acceleratori cosmici
I buchi neri supermassicci sono corpi celesti con una massa miliardi di volte superiore a quella del nostro Sole. Si ritiene che si trovino spesso al centro delle galassie, circondati da un anello di materia che precipita lentamente al loro interno definito disco di accrescimento. E che ruotando sul proprio asse come fa il nostro pianeta, ma a velocità molto maggiore, parte della materia che compone il disco venga sparata via ai due poli dei buchi neri, formando getti relativistici di plasma che possono essere lunghi anche centinaia di migliaia di anni luce. Da questi pennacchi di plasma – scrivono gli autori del nuovo studio – è possibile che si generino fenomeni paragonabili a quelli che avvengono nei nostri acceleratori di particelle, ma con energia infinitamente maggiore di quella che riusciamo a produrre oggi sulla Terra.