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Regolamento Ecodesign, l’Unione europea vuole che gli smartphone durino di più

da | Giu 14, 2025 | Tecnologia


L’Unione europea torna a dettare la linea ai costruttori, per lo più statunitensi e asiatici, di device. Dopo le norme che hanno imposto l’usb-c come standard per la ricarica così da eliminare il moltiplicarsi di caricabatterie con ingressi proprietari e quelle volte a dissuadere i produttori da inserire nelle confezioni degli smartphone anche i caricatori oltre ai cavetti di rito, a partire dal 20 giugno 2025 le aziende dovranno rispettare un nuovo pacchetto legislativo. Si tratta del Regolamento Ecodesign, volto a tenere a bada il numero di Raee (ovvero i rifiuti elettronici) prodotti annualmente dal Vecchio continente.

Cosa cambia per chi produce device

Nell’ambito del Green Deal europeo, la Commissione europea ha adottato due regolamenti che riguardano nello specifico smartphone e tablet in commercio: uno solo informativo sull’etichettatura energetica e l’altro che interviene sulla progettazione dei prodotti per renderli ecocompatibili.

In entrambi i casi, il legislatore comunitario ha voluto non solo consentire ai consumatori dei 27 paesi europei di compiere scelte di acquisto più informate e sostenibili incentivando consumi consapevoli ma anche disincentivare la pratica del device inteso come bene “usa e getta” da buttare al minimo malfunzionamento.

Prezzi sempre più concorrenziali, tecniche di costruzione che sigillano le scocche e pezzi di ricambio difficili – se non impossibili – da ottenere, hanno reso via via residuale il ricorso alla riparazione presso i tecnici specializzati, che solo fino a 30-40 anni fa andava invece per la maggiore quando si guastavano grandi e piccoli elettrodomestici.

Cosa cambia per i consumatori

Il Regolamento Ecodesign prova a riesumare questa antica pratica virtuosa oggi a rischio estinzione e lo fa toccando diversi ambiti, come ha spiegato a Wired l’avvocato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori: “Per ogni prodotto sarà richiesta una certificazione sulla durata, ovvero la resistenza del telefono a cadute accidentali, polvere, acqua e simili“.

Per incentivare la riparazione dei device “i marchi dovranno fornire i materiali per la sostituzione dei componenti entro un massimo di dieci giorni lavorativi“. Inoltre “i prodotti per la riparazione dovranno essere disponibili per ben sette anni, il che allungherà la vita dei dispositivi“. Allo stesso modo, “i telefoni dovranno garantire un minimo di 800 cicli di ricarica effettivi, mantenendo l’80% della capacità originale della batteria“. Del resto, è noto, la batteria è proprio uno dei principali elementi a rischio usura dei nostri device determinando frettolosi prepensionamenti nonostante il software funzioni ancora.

Regolamento Ecodesign

Massimiliano Dona, presidente Unione nazionale consumatori

Shalla Hope

La norma europea interviene anche sui software, non solo sulla qualità costruttiva dell’hardware, spingendo così i costruttori di device a rilasciare costantemente aggiornamenti e patch (indispensabili per blindarsi a virus e hacker) per un periodo di tempo prolungato. Il presidente dell’Unione nazionale consumatori spiega infatti che “dovranno essere rilasciati a lungo termine” per almeno cinque anni dalla data in cui il prodotto è stato immesso sul mercato. “Ovviamente – aggiunge Dona – è un cambiamento che accogliamo con favore, perché da anni denunciamo la deriva ‘usa e getta’ che ha minato la fiducia dei consumatori e compromesso la sostenibilità dei consumi“.

Quali device saranno interessati

L’ambito di applicazione delle norme presenta però diverse deroghe. “Queste norme – sottolinea Dona – si applicano a smartphone con display tra 4 e 7 pollici e tablet da 7 a 17,4 pollici, con alcune esclusioni come dispositivi con schermi pieghevoli o tablet con sistema operativo desktop. Non solo: “Restano esclusi dai nuovi obblighi smartphone e tablet venduti prima del 20 giugno 2025“.

Quel tesoretto dimenticato nei nostri cassetti

Lo scopo della Unione europea con queste nuove norme non è solo informare meglio il consumatore, ma anche evitare la dispersione di materie prime difficilmente reperibili. I device, infatti, devono essere smaltiti con cura non solo in quanto altamente inquinanti ma anche perché contengono al proprio interno componenti da riciclare e recuperare, soprattutto in Europa, territorio geologicamente povero di giacimenti di terre rare e altri metalli preziosi sempre più strategici all’interno dell’industria hi-tech.

Quanto durano oggi i device?

Secondo l’esperienza del nostro sportello sul sito consumatori.it, – spiega Dona – la durata media percepita di uno smartphone è di circa 2-3 anni, spesso inferiore alla reale vita utile“. I problemi classici? “Non solo l’usura, ma anche l’obsolescenza programmata o indotta: aggiornamenti che rallentano i dispositivi, batterie sigillate, pezzi irreperibili. Tutti elementi che costringono a sostituire prodotti ancora funzionanti“.

Quanto alle batteriela durata media si aggira tra i 300 e i 500 cicli di carica pari a circa 2–3 anni d’uso regolare“, notevolmente inferiore rispetto agli standard che l’Unione europea intende imporre dal prossimo 20 giugno. “Le regole ora ci sono – chiosa il presidente dell’Unione nazionale consumatori – ma devono essere conosciute e fatte rispettare. Per questo chiediamo una campagna informativa nazionale per educare cittadini e imprese” ma soprattutto “controlli serrati su chi non adempie agli obblighi” e “sostegno economico e normativo alla filiera della riparazione, che può diventare un motore per l’occupazione locale e sostenibile“.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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