Gli Stati Uniti hanno perso le tracce delle 409 chilogrammi di uranio arricchito dell’Iran. Dopo gli attacchi israeliani e americani del 13 giugno e del 21-22 giugno contro le principali strutture nucleari iraniane, Washington e i suoi alleati non sanno se il materiale fissile più pericoloso di Teheran sia stato distrutto dai bombardamenti o evacuato preventivamente in una destinazione ignota. Questo uranio, arricchito al 60% e custodito teoricamente sotto controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), rappresenta il cuore del programma nucleare iraniano perché se ulteriormente arricchito al 90% potrebbe essere utilizzato per produrre armi nucleari.
Come l’Occidente ha perso il controllo
Il mistero sulla sorte del programma nucleare iraniano è il risultato in realtà di una lunga storia avvenuta ben prima dei recenti attacchi militari. Nel 2015, con la firma dell’accordo sul nucleare (Jcpoa) tra l’Iran e il gruppo dei cinque più uno (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina), era stato istituito un sistema di controllo particolarmente stringente: gli ispettori internazionali potevano accedere liberamente alle strutture nucleari iraniane, installare telecamere di sorveglianza permanenti e monitorare regolarmente le scorte di uranio arricchito. Per almeno tre anni, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha avuto piena visibilità sul programma e sui movimenti del materiale fissile.
Nel 2018, però, l’amministrazione guidata da Donald Trump decise di ritirarsi unilateralmente dall’accordo, giudicandolo troppo favorevole a Teheran, e reintrodusse le sanzioni economiche che il Jcpoa aveva sospeso. L’Iran, in risposta, avviò una progressiva riduzione del rispetto degli impegni assunti: prima incrementando l’arricchimento dell’uranio oltre i limiti previsti, poi limitando l’accesso degli ispettori in alcune aree. Il punto di non ritorno è stato raggiunto nel febbraio 2021, quando Teheran ha annunciato la fine della cooperazione con l’Aiea sulle ispezioni non programmate. Da allora, la capacità dell’Agenzia di sorvegliare il programma nucleare iraniano si è progressivamente ridotta.
Gli ispettori hanno potuto continuare a visitare alcuni siti chiave con cadenza mensile, ma senza più sapere con certezza dove venisse trasferito il materiale, né poter accedere liberamente alle strutture. Le scorte attuali – circa 409 chilogrammi di uranio arricchito – avrebbero dovuto rimanere sotto sigillo Aiea nel sito sotterraneo di Isfahan, ma le verifiche sono diventate sempre più difficili. Dopo gli attacchi israeliani del 13 giugno, l’Agenzia ha perso del tutto la possibilità di monitoraggio. Da allora, non è più in grado di confermare né la posizione né lo stato del materiale.
I movimenti prima dei bombardamenti e le versioni contrapposte
Immagini satellitari hanno catturato attività sospette nelle ore immediatamente precedenti gli attacchi americani. Il 19 e il 20 giugno, poche ore prima dei bombardamenti del weekend, Maxar Technologies, azienda americana di intelligence geospaziale, ha documentato lunghe file di camion che si muovevano lungo le arterie stradali adiacenti al sito nucleare di Fordow. Diversi commentatori hanno ipotizzato che i veicoli possano essere stati utilizzati per evacuare le scorte di uranio arricchito dell’Iran prima degli attacchi, una versione accreditata anche dall’agenzia iraniana Mehr.