Se le macchine possono già scrivere, parlare, disegnare, doppiare, tradurre, hackerare, fare fanfiction e persino generare influencer (una l’abbiamo intervistata), allora cosa resta di profondamente umano? Il nuovo numero 113 di Wired Italia, in edicola da oggi, indaga il rapporto tra creatività e algoritmi, immaginazione e automazione, intuizione e prompt.
Lo fa con un titolo che è più di una provocazione: “Essere umani per non essere artificiali”. Che non significa opporsi alla tecnologia: tutt’altro. Ma rimettere al centro ciò che rende unico il nostro modo di usarla. La creatività non è solo il prodotto finale, è il percorso, l’intuizione che sbaglia, il taglio che dà senso. Abbiamo parlato di questo (e di tante altre cose) con una serie di esperti, intervistati nella sezione Core del nostro bookazine.
Le interviste
Yuval Noah Harari mette in guardia dal rischio di delegare troppo all’AI: le tecnologie non stanno solo trasformando il nostro modo di lavorare, ma anche il modo in cui decidiamo e ricordiamo. Il pericolo, secondo lo storico, è che ci abituiamo a lasciare che siano gli algoritmi a guidare la nostra volontà. Kate Crawford, tra le più ascoltate voci critiche dell’AI contemporanea, spiega che dietro ogni modello c’è una storia, una geografia, un’estrazione politica e industriale. L’intelligenza artificiale, dice, non è mai solo tecnica e può diventare un’arma potentissima.
L’astronauta Samantha Cristoforetti racconta come lo spazio non sia più solo un luogo di conquista scientifica, ma un terreno di diplomazia e di sperimentazione – anche tecnologica – che ci riguarda da vicino, a partire dall’Europa. L’archistar Mario Cucinella riflette su come il caos delle città possa diventare un laboratorio per nuove forme di sostenibilità, spingendo l’architettura a interrogarsi su cosa significhi davvero “abitare” un ambiente. E poi c’è l’atleta paralimpica Bebe Vio, che racconta come la tecnologia, per lei, sia sempre stata più che un supporto: una possibilità di movimento, di espressione, di vita.
Gli altri articoli
Anche il resto del numero mette a fuoco i punti di tensione tra umano e artificiale, tra ispirazione e codice. Lo fa raccontando storie. Come quella dei figli “programmati” in laboratorio per essere perfetti — ma che crescono con l’ansia di doverlo dimostrare. O come la parabola dell’imprenditore che ha creduto nell’iPhone prima che esistesse, e che ora vuole costruire il suo erede per l’era dell’AI. O ancora il lungo viaggio dentro l’Html, il linguaggio più bistrattato della rete, ma forse il più universale.