La vaniglia va messa al riparo da possibili minacce dei cambiamenti climatici. Dovremmo farlo se non vogliamo che si avvii verso lo stesso destino che spetta a cibi e ingredienti che più ci piacciono, a rischio per colpa della crisi climatica. Succede infatti già al cacao – ed è questo il motivo per cui è diventato così caro – e anche al caffè, solo più costoso ma a rischio anche di diventare meno saporito. Ma il clima che cambia potrebbe rendere sempre più difficile anche produrre i preziosi baccelli di vaniglia, minandone la produzione sotto diversi aspetti.
Ad accendere oggi i riflettori sulla vaniglia – un’orchidea di cui apprezziamo così tanto i lavorati frutti, come aroma naturale di gelati, creme, yogurt o bevande – è uno studio apparso sulle pagine di Frontiers in Plant Science. La ricerca in sé non analizza le minacce delle piante di vaniglia oggi coltivate e usate a scopo commerciale – soprattutto cultivar della specie Vanilla planifolia – quanto piuttosto mette in guardia su quello che potrebbe succedere alle loro parenti selvatiche. E’ un invito infatti a mettersi al riparo da possibili minacce future, non così remote considerando quello che sta accadendo ad altre coltivazioni.
Vaniglia: le piante selvatiche come riserve preziose
Il motivo è questo: le controparti selvatiche (della stessa specie o di specie affini) di varietà d’interesse commerciali, scrivono gli autori, sono fondamentali come fonte di diversità da cui pescare per il miglioramento genetico delle piante, e per dar loro la possibilità di adattarsi all’ambiente che cambia, per esempio sviluppando piante più tolleranti alla siccità. Ed è per questo che, spiega Bart Muys della KU Leuven, a capo dello studio: “Preservare le popolazioni naturali delle specie selvatiche di vaniglia e l’enorme diversità genetica che contengono è fondamentale per garantire un futuro alla vaniglia, una coltura tropicale fondamentale per l’industria alimentare mondiale”. Il futuro della vaniglia oggi è incerto: diversi ricercatori ma anche l’esperienza diretta dei coltivatori, mostrano che, al pari di altre coltivazioni di interesse commerciale, i cambiamenti climatici potrebbero mettere a rischio la produttività della vaniglia. In Madagascar per esempio, dove si concentra la produzione della vaniglia, gli agricoltori locali riferiscono già una diminuzione delle piogge e un aumento delle temperature negli ultimi anni, annoverati tra le minacce alla coltivazione della vaniglia. Ma cosa accade alle varietà selvatiche? Quanto potremmo contare su questa riserva con il clima che cambia?
Lo studio sulla vaniglia selvatica
Per capirlo Muys e colleghi hanno condotto un’analisi per prevedere il destino sia delle piante di vaniglia che di alcuni dei loro impollinatori. La domanda principale che si sono fatti è stata infatti: come cambierà l’areale di distribuzione di piante e impollinatori con il cambiamento climatico? Nel loro studio si sono concentrati su alcune specie di vaniglia dell’America tropicale, una delle principali aree di distribuzione della pianta, insieme all’Africa centro meridionale e al Sudest asiatico. L’analisi ha riguardato 11 specie di vaniglia e sette impollinatori. Non tutte le specie di piante analizzate fanno affidamento sugli animali (insetti soprattutto) per essere impollinate: alcune di queste orchidee, infatti, fanno affidamento sull’autoimpollinazione. Ed è anche per questo che, scrivono gli autori, è possibile procedere all’impollinazione artificiale – a mano, un fiore alla volte – nelle specie di interesse commerciale.