Esplora il mondo della tecnologia e del lifestyle con Consigli Tech e Lifestyle di Flavio Perrone

Gaza, c’è un piano di Israele per internare tutti i palestinesi. E uno per trasformare la Striscia nella riviera del Medio Oriente

da | Lug 8, 2025 | Tecnologia


L’esercito israeliano ha ricevuto l’ordine di costruire un centro di detenzione mascherato da progetto umanitario per rinchiudere l’intera popolazione di Gaza. Il ministro della difesa Israel Katz ha annunciato il progetto durante un briefing con giornalisti israeliani e lo ha presentato come una “città umanitaria” da realizzare sui resti di Rafah, città della Striscia ridotta in macerie. Il piano è stato rivelato poche ore prima dell’arrivo del primo ministro Benjamin Netanyahu a Washington per incontrare il presidente statunitense Donald Trump e negoziare un possibile cessate il fuoco dopo 21 mesi di guerra.

Il progetto di Katz per l’internamento della popolazione

Il piano annunciato dal ministro della difesa israeliano si articola in fasi successive, come rivelato dal quotidiano israeliano Haaretz. La prima fase coinvolgerebbe 600mila palestinesi attualmente rifugiati nell’area costiera di al-Mawasi, una zona che Israele aveva designato come “sicura” durante l’offensiva militare. Questi sfollati verrebbero trasferiti in un nuovo insediamento costruito sui resti di Rafah, la città del sud della Striscia completamente distrutta dai bombardamenti israeliani. La seconda fase del progetto prevede l’estensione del trasferimento all’intera popolazione di Gaza, stimata in oltre 2 milioni di persone.

Secondo le dichiarazioni di Katz riportate da Haaretz, i palestinesi dovrebbero superare “controlli di sicurezza prima dell’ingresso nel campo e, una volta all’interno, non potrebbero più uscire. Le forze israeliane manterrebbero il controllo del perimetro dell’area. Il ministro ha inoltre precisato che i lavori potrebbero iniziare durante un eventuale cessate il fuoco e che Israele sta cercando paesi disposti ad accogliere i palestinesi in quello che ha definito “piano di emigrazione”. Katz ha rivelato il progetto poco prima che Netanyahu partisse per Washington.

Durante la sua visita alla Casa Bianca, il premier israeliano ha dichiarato che Stati Uniti e Israele stanno collaborando con altri paesi per offrire ai palestinesi un “futuro migliore, aggiungendo che chi vuole restare può rimanere, ma chi vuole andarsene dovrebbe poter partire. Netanyahu si trovava negli Stati Uniti per un colloquio con Trump, legato all’attacco lanciato lo scorso mese contro l’Iran, a cui gli Stati Uniti hanno preso parte. Nel corso dell’incontro, Trump ha cercato di convincere il primo ministro israeliano ad accettare un nuovo accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, attualmente in fase di negoziazione. Durante la visita – la terza di Netanyahu a Washington quest’anno – il premier ha inoltre annunciato di aver candidato Donald Trump al premio Nobel per la Pace.

Il piano Trump Riviera e il coinvolgimento di Tony Blair

Il piano presentato dal ministro israeliano Israel Katz non è l’unica proposta in circolazione sul futuro di Gaza: qualcuno ha effettivamente cercato di dare forma all’idea, lanciata da Donald Trump, di trasformare la Striscia in una “riviera del Medio Oriente”. Secondo quanto rivelato dal Financial Times, il piano, chiamato Great Trust, coinvolge anche il Tony Blair Institute for Global Change (Tbi), il think tank fondato dall’ex primo ministro britannico, insieme alla società di consulenza Boston consulting group (Bcg).

Al centro dell’iniziativa c’è la proposta di offrire un incentivo economico a circa mezzo milione di palestinesi affinché lascino volontariamente la Striscia, liberando spazio per 10 “mega progetti” di sviluppo. Tra questi sono previste due autostrade intitolate a MBS e MBZ, in onore rispettivamente di Mohammed bin Salman, principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita, e Mohammed bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti, oltre a una zona industriale dedicata a Elon Musk.

L’istituto di Blair ha però respinto categoricamente le accuse di coinvolgimento diretto nella preparazione del progetto, definendolo esclusivamente un documento di Boston consulting group e negando qualsiasi contributo sostanziale ai contenuti. Tuttavia, secondo quanto riportato dal Financial Times, due membri dello staff del Tbi avrebbero partecipato alle chiamate di coordinamento durante lo sviluppo dell’iniziativa e sarebbero stati inclusi in un gruppo di messaggistica impiegato per definire le strategie operative. Inoltre, all’interno di questo gruppo sarebbe stato condiviso un documento interno del Tbi, intitolato Gaza economic blueprint, che ha sollevato dubbi sul reale grado di coinvolgimento nel progetto del think tank inglese.



Fonte

Written By

Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

Related Posts

Impact-Site-Verification: c90fc852-aae7-4b2e-b737-f9de00223cb0