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La discesa negli Inferi da Orfeo a Undertale, il racconto nel viaggio nell’aldilà per poi tornare tra i vivi

da | Ago 18, 2025 | Tecnologia


Il discesa negli Inferi, l’oltretomba: un luogo sotterraneo, oscuro, che gli uomini hanno immaginato in decine di modi diversi fin dalle loro origini. E che in miti, leggende, romanzi hanno cercato di visitare con la fantasia. Un mondo di ombre da cui non c’è ritorno per nessuno. O quasi. Dalla mitologia mesopotamica a quella classica, fino ai film e agli anime dei nostri giorni, passando ovviamente per la Divina Commedia, sono tanti i racconti di viaggiatori che si sono immersi nell’aldilà per tornare tra i vivi: “catabasi”, questo è il nome con cui viene definita in letteratura la discesa di un vivo agli inferi, un vero e proprio “topos”, un motivo ricorrente su cui si basano decine di storie.

La discesa negli Inferi nel mondo antico

La prima discesa agli inferi è quella della dea assiro-babilonese Ishtar, ed è narrata in scrittura cuneiforme su tavolette di argilla. Divinità dell’amore e della guerra, varcò le sette porte degli inferi, spogliandosi gradualmente delle sue vesti e dei suoi gioielli: si presentò nuda alla sorella Ereshkigal, regina dell’oltretomba, che la fece colpire da sessanta diverse malattie e la fece imprigionare. Solo l’intervento del dio della conoscenza, Ea, e il sacrificio del bellissimo Tammuz faranno in modo che Ishtar possa tornare nel mondo dei vivi. Certo, si può obiettare che per una dea l’impresa è più facile. Nella mitologia greca a fare questo viaggio sono figure di semidei: Eracle e Orfeo. Il primo nella sua ultima fatica deve catturare vivo Cerbero, il cane infernale a tre teste. Dopo aver attraversato lo Stige sulla barca di Caronte e salvato un altro eroe, Teseo, che era imprigionato nell’oltretomba, ottiene dallo stesso dio Ade il permesso di portare a Micene il terribile mostro: dovrà poi riportarlo al suo padrone. Temi e personaggi sono quelli che tornano nell’Inferno dantesco. Diversa e più poetica è la visione infernale legata al mito di Orfeo, un musicista innamorato che, con il suono della sua lira, incantava uomini e animali. Per salvare la sua amata Euridice, uccisa dal morso di un serpente, scese agli inferi e suonò canzoni che fecero commuovere persino le Erinni e che convinsero Ade e Persefone a lasciar andare la ragazza. Unica condizione posta, che Orfeo camminasse davanti e non si voltasse a controllare dov’era Euridice. Inutile dire che Orfeo non riuscì a superare la prova.

Per un mortale sicuramente tutto è più complicato, tanto che persino un grande eroe come Odisseo si ferma sulla soglia dell’Ade: su consiglio della maga Circe, Ulisse va nella terra dei Cimmeri, regione avvolta nelle nebbie che segna il confine tra la vita e la morte, e qui compie una “nekyia”, rituale per evocare le anime dei trapassati. Può così parlare con l’indovino Tiresia che lo ragguaglia sul suo destino. Incontra anche la propria madre e molti degli eroi della guerra di Troia. Ispirata alla vicenda di Odisseo è quella di Enea che, nel VI libro dell’Eneide, con la guida della Sibilla, scende nell’Averno per parlare con il padre Anchise. Lungo il cammino incontra il suo nocchiero Palinuro, morto in mare, e Didone che lui aveva amato e abbandonato, e infine il papà, che però non riesce ad abbracciare: «Tre volte cercò di gettargli le braccia al collo, tre volte l’ombra, invano abbracciata, gli sfuggì dalle mani simile ai venti leggeri o ad un alato sogno».

Da Dante ai cartoni animati

L’immaginario medievale è legato alle visioni infernali: numerose sono le visioni testimoniate già prima dell’anno mille e che raccontano di viaggi nell’aldilà con una narrazione codificata in base a uno schema costante. Il viaggiatore, in stato di incoscienza, è condotto da una guida attraverso il mondo ultraterreno, e al suo risveglio scrive quello che ha visto. Così la Visio Tnugdali , datata al 1149, parla di un cavaliere irlandese che, guidato da un angelo, percorre l’inferno dove sperimenta le pene dei dannati, inflitte secondo la legge del contrappasso. Al suo risveglio, dopo tre giorni nei quali visita anche il Paradiso, racconta la sua esperienza al monaco Marcus, che la redige in latino. Il legame con la Divina Commedia è evidente. È Dante a segnare il vertice più elevato nella narrazione delle catabasi. Con Dante viaggiatore l’inferno si popola non solo di figure mitologiche, ma anche e soprattutto di persone reali, la cui identità rimane scolpita nei secoli proprio grazie alle parole del poeta. E pure i personaggi che come Caronte o Cerbero, acquistano una nuova fisionomia e penetrano ancor più profondamente nella memoria collettiva. Tanto che ancora oggi, al netto di ogni credo religioso, l’immagine che l’Occidente ha del luogo dell’eterno dolore è basata in larga misura sui versi della Prima Cantica della Divina Commedia.

Nei secoli successivi il ricorso a questo tipo di narrazione va scomparendo, e va scomparendo parallelamente l’immagine letteraria di un inferno popolato da diavoli e creature spaventose, a vantaggio di un’idea generica di luogo del male. Da un lato una visione simbolica, che rappresenta lo spaventoso abisso di malvagità a cui può arrivare il cuore umano; dall’altro un oltretomba genericamente spaventoso, dominato dal buio e dalla morte, sfondo ideale per il genere horror come lo intendiamo oggi. Ma la lezione dei classici può tornare, in chiave contemporanea e in modo inaspettato: è quello che accade nel Poema a Fumetti del grande Dino Buzzati, dove rivive il mito di Orfeo. Le porte dell’Ade sono nel centro di Milano, il diavolo prende le fattezze di un cappotto, Orfi è un cantante rock che per riportare in vita la sua fidanzata osa sfidare l’inferno.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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