Indagare il rapporto tra filosofia e tecnologia, in un dialogo maieutico con l’intelligenza artificiale. È l’esperimento condotto da Mattero Giarrizzo nel suo FILOSOF(IA), saggio pubblicato da Baldini+Castoldi e scritto a quattro mani con chatGPT. Un viaggio attraverso i secoli che parte dal pensero dei filosofi greci e la loro concezione della “téchne”, per arrivare alla cyber-realtà del nostro presente.
Un dialogo socratico con l’Intelligenza Artificiale
L’idea, racconta Giarrizzo a Sky Tg24, è nata da una citazione sul mito di Prometeo, la classica metafora a cui si ricorre quando si parla dell’innovazione tecnologica: “La stessa intelligenza artificiale, come il fuoco, è una risorsa potentissima ma che può anche essere pericolosa. Da questa riflessione è nata la voglia di indagare la concezione delle evoluzioni tecnologiche nella storia del pensiero umano, ricorrendo proprio a chatGPT”. È stato – prosegue – come un dialogo socratico, ma l’interlocutore, in questo caso, ha accesso a tutti i saperi del mondo. La cosa più interessante che ho scoperto sono le domande e i ragionamenti che l’IA ti porta a fare, tenendo sempre presente che è la componente umana a guidare il dialogo. L’IA è portata sempre a confermare le proprie opinioni mai a confutarle, e per questo serve una grande consapevolezza in questa interazione”.
I rischi e le opportunità dell’IA
Consapevolezza, anche, dei possibili errori dell’IA. “Nel libro – spiega – ci sono anche allucinazioni (ossia risposte errate fornite dall’intelligenza artificiale, ndr), che ho conservato e dichiarato, perché è importante essere consapevoli anche della possibilità dell’errore, fare delle verifiche. L’IA è uno strumento potentissimo, ma di cui non ci si può fidare perdendo il proprio spirito critico. Per questo l’educazione all’utilizzo di questi strumenti è un tema fondamentale, che andrebbe affrontato anche nelle scuole”. Scuole dove peraltro, come sappiamo, l’utilizzo dell’IA da parte degli studenti è già una realtà. Per questo, prosegue Giarrizzo, “non ha senso vietare certi strumenti, l’unica via è integrarli, ad esempio all’interno del lavoro di gruppo. Il ruolo dei docenti dovrebbe esser quello di insegnare a porre le domande giuste, a capire come utilizzare questi strumenti, consapevoli anche dei rischi in cui si può incorrere”. Anche perché a fronte di grandi opportunità non mancano naturalmente le ombre. “L’innovazione – sottolinea Giarrizzo – la fanno aziende private che non hanno come fine il bene comune ma il profitto, mentre la sfida è quella di ripensare la tecnologia come un mezzo per realizzare un benessere duraturo e condiviso. Per questo ci vuole il focus della collettività, una sensibilità etica, trasparenza, applicate all’innovazione tecnologica”. Tenendo sempre presente che c’è qualcosa che resterà sempre prettamente umano, “come l’empatia, la capacità di relazione e la creatività pura”.

Approfondimento
Ai prof non piace ancora l’IA (e non capiscono quando viene usata)



