Capoccitti sottolinea che la tecnica delle valutazioni antropometriche è antica, ma si è evoluta negli strumenti. “Prima veniva utilizzata solo una striscia metrica, cioè un metro simile a quello da sarta. Adesso invece si usa uno scanner 3D e altre soluzioni più tecnologiche. Però il nucleo della metodologia è sempre il solito. Non cambia”. Queste scansioni tridimensionali permettono di ottenere rilievi con margini di errore minimi, dell’ordine di millimetri. Ma, come sottolinea l’analista forense, il vero ostacolo nel caso Garlasco non è tecnico, bensì logico.
Manca il soggetto ignoto con cui confrontare i dati
Capoccitti mette in evidenza un punto cruciale per il caso Garlasco: non esistono immagini che riprendono, anche solo in lontananza, l’assassino di Chiara Poggi e, di conseguenza, non c’è un “soggetto ignoto” concreto con cui fare la comparazione diretta. “Non abbiamo nulla con cui confrontare il gemello digitale di Sempio che potrebbe essere creato tramite i risultati delle analisi antropometriche”, osserva l’analista. “In questo caso bisognerebbe generare un gemello digitale dell’assassino di Chiara Poggi tramite i pochi dati che abbiamo: informazioni che derivano dalla Bpa (blood pattern analysis) dallo studio delle macchie di sangue e in generale dalla scena del crimine con lo scopo di cercare caratteristiche in comune”.
La Bpa in questo caso non aiuta nelle misurazioni antropometriche, ma fornisce informazioni sulle azioni di vittima e aggressore (posizioni, movimenti, punti di appoggio). “La blood pattern analysis aiuta a capire le interazioni che ci sono state tra vittima e assassino e da lì si possono poi capire alcune caratteristiche dell’aggressore”. In altre parole, in base agli schizzi di sangue repertati sulla scena del crimine e analizzati tramite Bpa, si potrebbe risalire al tipo di aggressione e alla forza e stazza fisica necessaria per provocare un determinato tipo di ferita. Questi elementi, confrontati con i dati antropometrici, possono fornire informazioni sull’aggressore.
L’andatura, la postura e le variabili nel tempo
Oltre alle misure fisiche, le tecniche forensi possono tentare di ricostruire elementi dinamici come l’andatura. “In alcuni soggetti è un elemento molto evidente, fino a diventare un tratto individualizzante, insieme ad altre caratteristiche. È chiaro che se alcune di queste caratteristiche lasciano tracce ci aiuteranno nella ricostruzione”, afferma Capoccitti. Ma proprio in ragione della dinamicità di questi elementi, la criminologa avverte prudenza: “Qualsiasi persona potrebbe essere diversa da com’era vent’anni fa. L’andatura, la postura, il peso, l’appoggio del piede negli anni possono mutare. Le persone evolvono”.
Un elemento che da solo non risolverà il caso Garlasco
Capoccitti è chiara riguardo il peso probatorio che ci si può attendere da queste misurazioni: “Questa non sarà una prova chiave della risoluzione del caso. Sarà sostanzialmente qualcosa che, unito a un contesto investigativo, quindi ad altri elementi tecnici, potrà dare un’indicazione, ma da solo non risolverà il caso”.



