Il parlamento di Oslo ha sospeso le regole etiche del Fondo sovrano norvegese, il più grande fondo sovrano al mondo. Una scelta fatta per poter continuare a investire nelle big tech americane colluse con le azioni di Israele contro i palestinesi. O meglio, per evitare liquidare gli investimenti in essere. La decisione è stata approvata il 4 novembre, su proposta del governo laburista di minoranza guidato dal primo ministro Jonas Gahr Støre. La sospensione della linea di condotta impedisce, per circa un anno, al Consiglio etico, l’organismo indipendente creato nel 2004, di raccomandare la vendita delle azioni di aziende coinvolte nella violazione dei diritti umani nelle zone di guerra. La mossa arriva in un momento di forti tensioni internazionali sugli investimenti del fondo in società legate a Israele e alle operazioni militari a Gaza e in Cisgiordania. A spiegare la decisione davanti al parlamento è stato lo stesso ministro delle Finanze Jens Stoltenberg, ex segretario generale della Nato dal 2014 al 2024. “Il mondo è cambiato radicalmente rispetto a quando furono introdotte le linee guida etiche – ha affermato laconicamente Stoltenberg –. Le regole devono essere riviste”.
Un fondo nato dal petrolio del mare del Nord
Il Government pension fund global, chiamato comunemente Oil fund (fondo del petrolio), è il più grande fondo sovrano al mondo con un patrimonio di 2.100 miliardi di dollari. Gestito dalla Norges bank investment management (Nbim), un’unità della banca centrale norvegese, rappresenta oltre 340mila dollari per ogni cittadino norvegese. Il Fondo sovrano norvegese è nato nel 1990 dopo la scoperta di enormi giacimenti di petrolio e gas nel mare del Nord alla fine degli anni Sessanta. La Norvegia, fino ad allora un piccolo paese di pescatori, si trovò improvvisamente ad essere uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio. Nel 1969 venne scoperto Ekofisk, uno dei più grandi giacimenti offshore al mondo, e in pochi anni l’economia norvegese crebbe in modo esponenziale.
Ma il governo norvegese aveva imparato dagli errori di altri paesi ricchi di risorse naturali. Negli anni Settanta e Ottanta molte nazioni petrolifere avevano speso i loro guadagni in modo eccessivo, causando inflazione e instabilità economica. Un fenomeno chiamato “maledizione delle risorse” o “malattia olandese”, dal nome della crisi economica vissuta dai Paesi Bassi negli anni Sessanta dopo la scoperta del gas naturale. Per evitare questo destino, la Norvegia decise di mettere da parte i soldi del petrolio. Nel 1983 un gruppo di esperti guidato dall’ex governatore della banca centrale Hermod Skånland propose di creare un fondo sovrano e di investire quei soldi all’estero, così da non far salire i prezzi e mantenere l’economia interna più stabile. Il parlamento approvò la legge nel 1990, anche se il primo deposito vero e proprio arrivò solo nel 1996. Il senso era chiaro: il petrolio prima o poi finirà quindi bisogna trasformare quella ricchezza in investimenti duraturi che possano guardare anche al benessere delle generazioni future.
Che guarda ai norvegesi di domani
Oggi il Fondo sovrano norvegese investe in circa novemila aziende in 70 paesi e possiede l’1,5% di tutte le società quotate in borsa nel mondo. Gli investimenti sono divisi principalmente tra azioni (circa il 71%), obbligazioni (26%), immobili e infrastrutture per le energie rinnovabili. Il governo norvegese può prelevare dal fondo solo il 3% del suo valore ogni anno, una regola ferrea pensata per preservare il capitale per il futuro. Attualmente il fondo finanzia il 25% della spesa pubblica norvegese.
Interessante notare che meno della metà del valore del fondo proviene direttamente dai ricavi petroliferi: la maggior parte deriva dagli utili degli investimenti finanziari fatti negli anni. Tra le maggiori partecipazioni ci sono proprio i colossi tecnologici americani come Microsoft, Apple, Amazon, Alphabet e Nvidia. A proposito di tecnologia, proprio in questi giorni il fondo ha votato contro il pacchetto di compensi per Elon Musk come amministratore delegato di Tesla, uno stipendio che potrebbe valere fino a 1.000 miliardi di dollari e che molti considerano eccessivo.



