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L’alfabeto dei capodogli, l’intelligenza artificiale svela che la loro complessità fonetica è simile a quella umana

by | Nov 19, 2025 | Tecnologia


L’alfabeto dei capodogli, caratterizzato da misteriosi e potenti forti clic, potrebbe essere molto più complesso di quando pensato. A raccontarlo è un nuovo studio dei ricercatori dell’Università della California a Berkeley, in collaborazione con il Progetto Ceti, organizzazione no-profit che studia la comunicazione dei cetacei, secondo cui i capodogli emetterebbero suoni in modo straordinariamente simile a come noi usiamo le nostre vocali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Open Mind, conferma ancora una volta come questi animali usino sistemi di comunicazione molto elaborati, tra i più sofisticati del mondo animale.

Lo studio

Gli esperti, ricordiamo brevemente, chiamano “coda” una serie unica di clic (schema vocale) emessi da questi cetacei. Per fare un esempio, i capodogli nel Mar dei Caraibi al largo della costa della Dominica, usano spesso una serie di due suoni lenti e tre rapidi: “clic…clic… clic-clic-clic”. Ma nel nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto un modello acustico precedentemente sconosciuto. Per farlo e analizzare quindi le proprietà acustiche di questi clic, hanno utilizzato l’Ai, o meglio le reti generative avversarie (Gan), un modello di apprendimento automatico che identifica pattern nei set di dati esistenti e apprende le lingue ascoltandole e imitandole, permettendo di apprendere la struttura della comunicazione animale. “Le Gan possono scoprire parole e strutture significative”, ha commentato l’autore Gašper Beguš. “Quando abbiamo progettato il modello, ci siamo chiesti se potessero fare lo stesso anche nelle balene. Abbiamo ancora bisogno di ricercatori per analizzare i dettagli, ma ci aiutano a guardare in una direzione specifica”.

L’alfabeto dei capodogli

Utilizzando l’Ai, i ricercatori hanno scoperto che i capodogli si scambiano sfumature sonore simili alle vocali, in particolare analoghe alla nostra A e la I, e le loro combinazioni, ossia i dittonghi, in quello che sembra assomigliare a un dialogo. Queste proprietà acustiche, quindi, condividono sostanziali somiglianze con le vocali umane, che nel nostro linguaggio possono differire per lunghezza, tempo, frequenza e traiettoria. Le vocali dei capodogli, secondo gli autori, presentano queste stesse caratteristiche e, se nel linguaggio umano hanno un significato è possibile che lo stesso valga anche per i capodogli. In altre parole, il team ipotizza che i cetacei potrebbero usare i suoni in modo simile a come noi usiamo le nostre vocali per trasmettere un significato. “In passato, i ricercatori pensavano che la comunicazione delle balene fosse una sorta di codice morse”, ha spiegato Beguš. “Tuttavia, questo studio dimostra che i loro richiami sono più simili a vocali molto, molto lente. Ciò suggerisce una complessità che si avvicina al linguaggio umano”.

Le implicazioni etiche

Sebbene non ne comprendiamo ancora il significato, i ricercatori credono che questo alfabeto dei capodogli sia prodotto intenzionalmente e che questi animali ne sappiano distinguere i suoni. Tuttavia, le implicazioni di questo studio vanno ben oltre la semplice traduzione, sollevando interrogativi etici. “Stiamo riflettendo a fondo su cosa significhi la scoperta di queste strutture simili a quelle umane per i diritti degli animali”, ha commentato Beguš. “Questo articolo solleva domande come, ad esempio, cos’è il linguaggio? C’è qualcosa di unicamente umano nel linguaggio? Cosa significa questo per il diritto?”. In altre parole, questa ricerca potrebbe aprire la strada a un ripensamento delle distinzioni etiche e legali che separano esseri umani e animali.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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